IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 14751 del  2014,  proposto  da  Solarpark  Serre  1
S.r.l., in persona  del  legale  rappresentante  p.t.,  elettivamente
domiciliate in Roma, via dei Monti Parioli n.  48  presso  lo  studio
dell'avv. Francesco Saverio Marini che,  unitamente  all'avv.  Andrea
Sticchi Damiani, le rappresenta e difende nel presente giudizio; 
    Contro: 
        Ministero dello sviluppo economico, in persona  del  Ministro
p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12  presso  la  sede
dell'Avvocatura Generale dello Stato che ex  lege  lo  rappresenta  e
difende nel presente giudizio; 
        Governo della  Repubblica,  in  persona  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri p.t. - non costituito in giudizio; 
        Gestore dei Servizi Energetici - G.S.E.  S.p.a.,  in  persona
del legale rappresentante p.t. - non costituito in giudizio; 
    Per l'annullamento dei seguenti atti: 
        1) decreto del Ministero  dello  sviluppo  economico  del  17
ottobre  2014  con  cui  sono  stati  individuati  i  criteri  e   le
percentuali di rimodulazione degli incentivi; 
        2) «Istruzioni operative per  gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici, ai sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E.  sul  proprio  sito
internet in data 3 novembre 2014; 
    Per l'accertamento: 
        a) del diritto di non esercitare alcuna delle tre opzioni  di
rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia  elettrica
fotovoltaica, previste dall'art. 26 comma 3°  lettere  a),  b)  e  c)
decreto-legge n. 91/2014; 
        b)  del  conseguente  diritto  di  conservare  le  condizioni
contrattuali stabilite nelle convenzioni stipulate con il G.S.E.  per
il riconoscimento delle tariffe incentivanti  per  la  produzione  di
energia elettrica da impianti fotovoltaici; 
        c) dell'insussistenza del  potere  del  G.S.E.  di  applicare
l'opzione prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c) decreto-legge  n.
91/14 nel caso di mancato esercizio, entro il 30 novembre 2014, delle
opzioni di scelta previste dal citato art. 26; 
    Per la condanna delle parti resistenti al risarcimento dei danni; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe
indicati; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il  dott.
Michelangelo Francavilla e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                                FATTO 
 
    La  Solarpark  Serre  1  S.r.l.  e'  titolare  di   un   impianto
fotovoltaico di potenza  superiore  a  900  kW  che  beneficia  delle
tariffe incentivanti previste dagli artt. 7  decreto  legislativo  n.
387/2003 e 25 decreto  legislativo  n.  28/2011  ed  oggetto  di  una
convenzione stipulata con il GSE. 
    Con ricorso, spedito per la notifica a mezzo posta il 12/11/14  e
depositato il 27/11/14, la  societa'  Solarpark  Serre  1  S.r.l.  ha
chiesto l'annullamento  del  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 17 ottobre 2014,  con  cui  sono  stati  individuati  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli  incentivi,  e  delle
«Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014», pubblicate dal G.S.E. sul proprio  sito  internet
in data 03/11/2014, l'accertamento  del  diritto  di  non  esercitare
alcuna delle tre  opzioni  di  rimodulazione  dell'incentivo  per  la
produzione di energia elettrica fotovoltaica, previste  dall'art.  26
comma  3°  lettere  a),  b)  e  c)  decreto-legge  n.  91/2014,   del
conseguente  diritto  di  conservare   le   condizioni   contrattuali
stabilite  nelle  convenzioni  stipulate  con  il   G.S.E.   per   il
riconoscimento delle tariffe incentivanti  e  dell'insussistenza  del
potere del G.S.E. di applicare l'opzione prevista dall'art. 26  comma
3° lettera c) decreto-legge n. 91/14 nel caso di  mancato  esercizio,
entro il 30 novembre 2014,  delle  opzioni  di  scelta  previste  dal
citato art. 26, e la condanna delle parti resistenti al  risarcimento
dei danni. 
    A  fondamento  del  gravame   la   societa'   ricorrente   deduce
l'illegittimita' costituzionale e comunitaria dell'art.  26  comma  3
decreto-legge  n.  91/2014  e  l'invalidita'  derivata   degli   atti
impugnati. 
    Il Ministero dello  sviluppo  economico,  costituitosi  con  atto
depositato il 15/12/14, ha concluso per la reiezione del gravame. 
    All'udienza pubblica del  19  marzo  2015  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
 
                               DIRITTO 
 
    Il Tribunale ritiene che siano  rilevanti  e  non  manifestamente
infondate le questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  26,
comma 3 del  decreto-legge  n.  91/2014,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dalla legge n. 116/2014, in relazione agli articoli 3,
11, 41, 77 e 117,  comma  1  della  Costituzione,  nonche'  1,  Prot.
Addizionale n. 1 alla Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali e 6, par. 3, Trattato UE. 
    Di seguito vengono esplicitate le  ragioni  della  decisione  del
Tribunale. 
    1. Quadro normativo relativo all'incentivazione della  produzione
elettrica da fonte solare. 
    1.1. Le direttive europee. 
    La produzione  di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  e'
obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. 
    Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a  livello
internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo  alla  Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui  cambiamenti  climatici,  stipulato  a
Kyoto l'11 dicembre 1997, di cui e' stata autorizzata la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n.  120;  cfr.  anche
art. 11, comma 5,  decreto  legislativo  n.  79/1999  nella  versione
anteriore  alle  modificazioni  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
28/2011; in Europa, il Protocollo e' stato  approvato  con  decisione
del Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2, par. 1,
lett. a), obbliga le parti contraenti, «nell'adempiere  agli  impegni
di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni [...],  al
fine di promuovere lo sviluppo sostenibile», ad applicare o elaborare
«politiche e misure, in conformita' con la sua situazione  nazionale,
come:  [...]   iv)   Ricerca,   promozione,   sviluppo   e   maggiore
utilizzazione di forme energetiche rinnovabili [...]». 
    Con la direttiva n. 2001/77/CE  (sulla  «promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'») il legislatore europeo, riconosciuta  «la
necessita' di promuovere in  via  prioritaria  le  fonti  energetiche
rinnovabili,   poiche'   queste   contribuiscono   alla    protezione
dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile», potendo  «inoltre  creare
occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale,
contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e  permettere  di
conseguire  piu'  rapidamente  gli   obiettivi   di   Kyoto»   (primo
Considerando),  ha   affermato   chiaramente   che   «la   promozione
dell'elettricita' prodotta da fonti  energetiche  rinnovabili  e'  un
obiettivo altamente prioritario  a  livello  della  Comunita'  [...]»
(secondo  Considerando)  e  ha  ritenuto  pertanto   di   intervenire
attraverso l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi  indicativi
nazionali di consumo di elettricita' prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili», con  riserva  di  proporre  «obiettivi  vincolanti»  in
ragione dell'eventuale progresso rispetto all' «obiettivo  indicativo
globale» del 12% del  consumo  interno  lordo  di  energia  nel  2010
(settimo Considerando), ferma  la  possibilita'  per  ciascuno  Stato
membro  di  individuare  «il  regime  piu'   rispondente   alla   sua
particolare  situazione»  per  il  raggiungimento  degli   «obiettivi
generali dell'intervento» (ventitreesimo Considerando). 
    In coerenza  con  tali  premesse,  la  direttiva  ha  individuato
all'art. 3 i menzionati «obiettivi indicativi nazionali» e all'art. 4
ha conferito agli Stati membri la possibilita' di stabilire specifici
«regimi di sostegno», demandando  alla  Commissione,  per  un  verso,
(par. 1) la  valutazione  della  coerenza  di  questi  ultimi  con  i
principi in materia di aiuti di Stato (artt. 87  e  88  Trattato  CE,
oggi  artt.  107  e  108  Trattato  UE),  «tenendo  conto  che   essi
contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli  6
e 174 del  Trattato»  (si  tratta  delle  disposizioni  sulla  tutela
dell'ambiente e sulla  politica  ambientale  comunitaria;  cfr.  oggi
artt. 11 e  191  Tratt.  UE),  e,  per  altro  verso,  (par.  2),  la
presentazione (entro il 27.10.2005) di una relazione  sull'esperienza
maturata  e  di  un'eventuale  «proposta   relativa   a   un   quadro
comunitario» per i regimi di sostegno tale  da:  «a)  contribuire  al
raggiungimento  degli  obiettivi  indicativi  nazionali;  b)   essere
compatibile con i principi del mercato interno dell'elettricita';  c)
tener conto delle caratteristiche  delle  diverse  fonti  energetiche
rinnovabili, nonche' delle  diverse  tecnologie  e  delle  differenze
geografiche;  d)   promuovere   efficacemente   l'uso   delle   fonti
energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per quanto
possibile  efficiente,  particolarmente  in  termini  di  costi;   e)
prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi  di  transizione
sufficienti di  almeno  sette  anni  e  mantenere  la  fiducia  degli
investitori». 
    La direttiva n. 2009/28/CE («promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»)  compie  l'annunciato  cambio  di
passo,  avendo  il  legislatore  comunitario  ritenuto  di  procedere
attraverso l'indicazione agli Stati membri  di  «obiettivi  nazionali
obbligatori» per il raggiungimento  di  una  quota  pari  al  20%  di
consumo di energia da fonti rinnovabili entro il  2020  (Considerando
n.  13);  tali  obiettivi  hanno  la  «principale  finalita'»,   come
precisato  al  Considerando  n.  14,  di  «creare  certezza  per  gli
investitori nonche' stimolare  lo  sviluppo  costante  di  tecnologie
capaci  di  generare  energia  a  partire  da  ogni  tipo  di   fonte
rinnovabile». 
    In questa  nuova  prospettiva  -  e  ravvisata  ulteriormente  la
necessita',  stanti  le  diverse  condizioni  iniziali,  di  tradurre
l'anzidetto  «obiettivo   complessivo   comunitario»   in   obiettivi
individuali per ogni  Stato  membro,  «procedendo  ad  un'allocazione
giusta e  adeguata  che  tenga  conto  della  diversa  situazione  di
partenza e delle possibilita' degli Stati  membri,  ivi  compreso  il
livello  attuale  dell'energia  da  fonti  rinnovabili   e   il   mix
energetico» (cons. 15)  -,  la  direttiva  prende  specificamente  in
considerazione i regimi di sostegno nazionali. 
    In particolare, il Considerando n.  25  (nel  rilevare  che  «gli
Stati  membri  hanno  potenziali  diversi  in  materia   di   energia
rinnovabile  e  diversi  regimi  di  sostegno  all'energia  da  fonti
rinnovabili a livello nazionale», che la maggioranza di essi «applica
regimi di sostegno che accordano sussidi solo  all'energia  da  fonti
rinnovabili prodotta sul loro territorio»  e  che  «per  il  corretto
funzionamento dei regimi di sostegno nazionali e' essenziale che  gli
Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi
regimi in funzione dei loro diversi potenziali») riconosce  che  «uno
strumento  importante  per  raggiungere  l'obiettivo  fissato   dalla
presente direttiva consiste nel garantire il  corretto  funzionamento
dei regimi di  sostegno  nazionali,  come  previsto  dalla  direttiva
2001/77/CE, al fine di  mantenere  la  fiducia  degli  investitori  e
permettere agli Stati membri di elaborare misure  nazionali  efficaci
per conformarsi al suddetto  obiettivo»  (cio'  anche  in  vista  del
coordinamento tra le misure di «sostegno transfrontaliero all'energia
da fonti rinnovabili» e i regimi di sostegno nazionale). 
    L'art. 3  individua,  pertanto,  gli  «obiettivi  e  [le]  misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili» (quello per  l'Italia  e'  pari  al  17%;  cfr.  Tabella
all'allegato I, parte A) e rimarca  la  possibilita'  per  gli  Stati
membri di utilizzare, tra l'altro, i regimi  di  sostegno  (par.  3),
definiti dal precedente art.  2,  par.  2,  lett.  k),  nei  seguenti
termini: «strumento, regime  o  meccanismo  applicato  da  uno  Stato
membro o gruppo di Stati membri,  inteso  a  promuovere  l'uso  delle
energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi
a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di  obblighi  in
materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di
dette  energie.  Cio'  comprende,  ma  non  in  via   esclusiva,   le
sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali,  le
restituzioni d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia
di energie rinnovabili, compresi quelli che usano certificati  verdi,
e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di
riacquisto e le sovvenzioni». 
    1.2. Il recepimento delle direttive in  Italia:  i  cc.dd.  Conti
Energia. 
    1.2.1.  La  dir.  2001/77  e'  stata  recepita  con  il   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della  delega
di cui all'art. 43 legge 1° marzo  2002,  n.  39  (Legge  Comunitaria
2001), ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione
delle «fonti energetiche rinnovabili o  fonti  rinnovabili»  (art.  2
comma 1, lett. a), introducendo varie misure incentivanti. 
    Per quel che oggi rileva, la produzione di energia  elettrica  da
fonte solare e' specificamente presa in  considerazione  dall'art.  7
(«disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno  o
piu'  decreti»  interministeriali  (del  Ministro   delle   attivita'
produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei
«criteri» di incentivazione (comma 1). 
    La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. 
    La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da  a)  a  g))
che detti «criteri» stabiliscano («senza oneri per il bilancio  dello
Stato e nel rispetto della normativa  comunitaria  vigente»):  a)  «i
requisiti dei soggetti che possono beneficiare  dell'incentivazione»;
b) «i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli  impianti»;  c)
«le condizioni per la  cumulabilita'  dell'incentivazione  con  altri
incentivi»;  d)  le  modalita'  per  la  determinazione  dell'entita'
dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione
fotovoltaica della  fonte  solare  prevedono  una  specifica  tariffa
incentivante, di importo decrescente e di durata  tali  da  garantire
una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»;  e)
«un obiettivo della potenza nominale da installare»;  f)  «il  limite
massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti  che
possono ottenere  l'incentivazione»;  g)  l'eventuale  «utilizzo  dei
certificati verdi» ex  art.  11,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
79/1999. 
    I decreti ministeriali adottati in base all'art. 7 sono noti  con
la denominazione di «Conti Energia» e sono  identificati  con  numero
ordinale progressivo in relazione alle versioni via via succedutesi: 
    Primo  conto  energia  (dd.mm.  28.7.2005  e  6.2.2006,   recanti
distinzione delle tariffe in  relazione  alla  potenza  nominale,  se
superiore o non a 20 kW; le «tariffe decrescenti» sono  stabilite  in
dipendenza  dell'anno  in  cui  la  domanda  di   incentivazione   e'
presentata); 
    Secondo conto energia (d.m. 19.2.2007,  che  introduce  ulteriori
incentivazioni per gli impianti integrati  architettonicamente  e  un
premio per quelli abbinati a un uso efficiente dell'energia); 
    Terzo conto energia (d.m. 6.8.2010, nelle cui premesse si ravvisa
la necessita' di  «intervenire  al  fine  di  aggiornare  le  tariffe
incentivanti, alla luce della positiva  decrescita  dei  costi  della
tecnologia fotovoltaica, al fine di rispettare il principio  di  equa
remunerazione dei costi» ex art. 7 decreto  legislativo  n.  387  del
2003 e  «di  stimolare  l'innovazione  e  l'ulteriore  riduzione  dei
costi», attraverso una «progressiva diminuzione  [di  dette  tariffe]
che, da un lato, miri ad un allineamento graduale verso  gli  attuali
costi delle tecnologie  e  che,  dall'altro,  mantenga  stabilita'  e
certezza sul mercato»). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. artt. 5, comma 2, e 6,  commi  2  e  3,
d.m. 28.7.2005, art. 6 d.m. 19.2.2007, che  precisa  come  il  valore
della tariffa sia «costante in moneta corrente» per tutto il  periodo
ventennale, e artt. 8, 12 e 14 d.m. 6.8.2010). 
    1.2.2. La direttiva 2009/28 e'  stata  recepita  con  il  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della  delega  di  cui
all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96  (legge  Comunitaria
2009). 
    Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente decreto [...]
definisce gli strumenti, i meccanismi,  gli  incentivi  e  il  quadro
istituzionale,   finanziario   e   giuridico,   necessari   per    il
raggiungimento degli obiettivi fino  al  2020  in  materia  di  quota
complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale  lordo
di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei  trasporti.
[...]»), l'art. 3 stabilisce gli «obiettivi  nazionali»,  prevedendo,
per quanto qui rileva, che «la quota complessiva di energia da  fonti
rinnovabili sul consumo finale lordo di  energia  da  conseguire  nel
2020 e' pari a 17 per cento» (comma 1), obiettivo da perseguire  «con
una progressione temporale coerente con le indicazioni dei  Piani  di
azione nazionali per le  energie  rinnovabili  predisposti  ai  sensi
dell'art. 4 della direttiva 2009/28/CE» (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui «principi generali» - capo I - ai sensi del quale: 
    «1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina  dei  regimi  di
sostegno  applicati  all'energia  prodotta  da  fonti  rinnovabili  e
all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il  potenziamento
dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce
un quadro generale volto alla promozione della produzione di  energia
da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura  adeguata
al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.  3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori. 
    2. Costituiscono ulteriori principi generali  dell'intervento  di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». 
    Il Capo  II  (artt.  da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  «meccanismi  di  incentivazione»  per  gli
impianti che entrano in esercizio dopo il 31.12.2012 individuando  al
comma  2,  tra  gli  altri,  i  seguenti  «criteri   generali»:   «a)
l'incentivo ha lo scopo di  assicurare  una  equa  remunerazione  dei
costi  di  investimento  ed  esercizio;  b)  il  periodo  di  diritto
all'incentivo e' pari  alla  vita  media  utile  convenzionale  delle
specifiche tipologie di impianto e decorre dalla data di  entrata  in
esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante  per  tutto  il
periodo  di  diritto  e  puo'  tener  conto  del   valore   economico
dell'energia  prodotta;  d)  gli  incentivi  sono  assegnati  tramite
contratti di diritto privato fra il GSE e  il  soggetto  responsabile
dell'impianto,   sulla   base   di   un    contratto-tipo    definito
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui  al  comma  5;
[...]». 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo  al  comma  1,
che  la  produzione  da  impianti  entrati  in  esercizio  entro   il
31.12.2012 e' «incentivata con i  meccanismi  vigenti  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi  di  cui  ai
commi successivi». 
    I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo  comma  11,  lett.  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione  (a  far  tempo  dall'1.1.2013)  dell'art.  7   decreto
legislativo n. 387/03 cit. «fatti salvi i diritti acquisiti». 
    In particolare: 
        il comma 9 sancisce l'applicabilita' del  Terzo  Conto  (d.m.
6.8.2010 cit.)  alla  produzione  degli  impianti  fotovoltaici  «che
entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; 
        il comma  10,  per  gli  impianti  con  data  di  entrata  in
esercizio successiva all'1.6.2011  -  e  fatte  salve  le  previsioni
dell'art. 2-sexies decreto-legge 25 gennaio 2010, n.  3  (convertito,
con modifiche, dalla legge 22  marzo  2010,  n.  41)  che  ha  esteso
l'operativita' del Secondo Conto  agli  impianti  ultimati  entro  il
31.12.2010 purche' entrati in esercizio  entro  il  30.6.2011  -,  ha
demandato  la  disciplina  del  regime  incentivante  a  un   decreto
ministeriale (emanato  dal  Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla  base
dei seguenti principi: «a) determinazione di  un  limite  annuale  di
potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che  possono
ottenere le tariffe incentivanti;  b)  determinazione  delle  tariffe
incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle  tecnologie
e dei costi di impianto  e  degli  incentivi  applicati  negli  Stati
membri dell'Unione europea; c) previsione di tariffe  incentivanti  e
di quote differenziate sulla base della natura dell'area  di  sedime;
d)  applicazione  delle  disposizioni   dell'art.   7   del   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». 
    In attuazione del comma 10 sono stati  adottati  gli  ultimi  due
Conti Energia: 
        Quarto  conto  energia  (d.m.   5.5.2011),   di   cui   giova
richiamare: l'art. 1, comma 2, secondo cui «[...] il presente decreto
si applica agli impianti fotovoltaici che  entrano  in  esercizio  in
data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, per  un
obiettivo indicativo di potenza installata  a  livello  nazionale  di
circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo
degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro», nonche' l'art.
2, comma 3, secondo cui «al raggiungimento del minore dei  valori  di
costo indicativo cumulato annuo di cui all'art.  1,  comma  2,  [...]
possono essere riviste le  modalita'  di  incentivazione  di  cui  al
presente decreto, favorendo in ogni  caso  l'ulteriore  sviluppo  del
settore»; 
        Quinto conto energia (d.m. 5.7.2012), il cui art. 1 prevede: 
          comma 1: che, in attuazione dell'art. 25, comma 10, cit. (e
tenuto conto di quanto stabilito dal Quarto Conto all'art.  2,  comma
3,  cit.),  esso  disciplina  le  modalita'  di  incentivazione   «da
applicarsi successivamente al raggiungimento di un  costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; 
          comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica e  il  gas
(di  seguito,  AEEG)  «[...]  individua  la  data  in  cui  il  costo
indicativo cumulato annuo degli incentivi [...] raggiunge  il  valore
di 6 miliardi di euro l'anno» (precisando al comma 3 l'applicabilita'
delle modalita' incentivanti  ivi  previste  «decorsi  quarantacinque
giorni solari dalla data di pubblicazione della deliberazione di  cui
al comma»); 
          comma 5: che lo stesso d.m. «cessa di applicarsi,  in  ogni
caso, decorsi trenta giorni solari dalla data di raggiungimento di un
costo indicativo cumulato di  6,7  miliardi  di  euro  l'anno»  (data
parimenti individuata dall'AEEG). 
    L'AEEG ha dato atto del raggiungimento di tale «costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi»: 
        al 12.7.2012, quanto al valore di 6  miliardi  di  euro,  con
conseguente applicazione  delle  modalita'  incentivanti  del  Quinto
Conto   a   decorrere   dal   27.8.2012   (delibera   12.7.2012,   n.
292/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet AEEG); 
        al 6.6.2013, quanto al valore di 6,7 miliardi  di  euro,  con
conseguente cessazione degli effetti del Quinto  Conto  al  6.7.2013»
(delibera 6.6.2013, n. 250/2013/R/EFR, pubblicata in  pari  data  nel
sito internet). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7.7.2013. 
    Giova infine precisare che anche il Quarto  e  il  Quinto  Conto,
analogamente ai tre precedenti, fissano in venti anni il  periodo  di
durata dell'incentivazione (artt. 12, 16 e 18 d.m. 5.5.2011;  art.  5
d.m. 5.7.2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari Conti Energia hanno operato per i seguenti periodi: 
        Primo Conto: 19.9.2005-30.6.2006; 
        Secondo Conto: 13.4.2007-31.12.2010; 
        Terzo Conto: 1.1.2011-31.5.2011 (cinque  mesi  anziche'  i  3
anni originariamente previsti, ossia fino a tutto  il  2013,  sebbene
con tariffe inferiori a seconda dell'annualita' di riferimento;  cfr.
artt. 1 e 8 d.m. 6.8.2010 e art. 25, comma 9 decreto  legislativo  n.
28/2011); 
        Quarto Conto: 1.6.2011-26.8.2012; 
        Quinto Conto: 27.8.2012-6.7.2013. 
    1.2.3.  Quanto  allo  strumento   giuridico   disciplinante   gli
specifici rapporti di incentivazione, l'art. 24, comma 2,  lett.  d),
decreto legislativo n. 28/2011 cit., ha stabilito, come si e'  visto,
che le tariffe incentivanti siano  assegnate  «tramite  contratti  di
diritto privato fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto
[...]», sulla base di un  «contratto-tipo»  definito  dall'AEEG  (gli
schemi di «contratti-tipo» predisposti dal GSE sono  stati  approvati
dall'Autorita' con delibera 6.12.2012, n. 516/2012/R/EFR,  pubblicata
in pari data nel sito internet istituzionale). 
    La disposizione,  direttamente  riferibile  al  Quarto  e  Quinto
Conto, ha, tuttavia, portata ricognitiva della situazione venutasi  a
determinare durante la vigenza dei primi tre Conti, in  relazione  ai
quali  il  Gestore  risulta  avere  concesso  i  benefici  attraverso
«convenzioni» con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento
al Terzo Conto, l'art. 13, all. A, delib. AEEG  ARG/elt  n.  181/2010
del 20.10.2010, pubblicata  sul  sito  AEEG  il  25.10.2010,  recante
previsione della redazione di uno schema tipo di  convenzione;  nello
stesso senso si vedano anche i richiami alle convenzioni  del  Primo,
Secondo e Terzo Conto Energia presenti sul  «Manuale  Utente  per  la
richiesta di  trasferimento  di  titolarita'»  del  novembre  2014  e
pubblicato sul sito internet del GSE). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la «convenzione» quanto il  «contratto»  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto
responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti
concessori,  nei  quali  accanto  al  provvedimento  di   concessione
l'amministrazione concedente e il privato  concessionario  concludono
un contratto (c.d. accessivo)  per  la  disciplina  delle  rispettive
obbligazioni. 
    1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal Terzo al  Quarto  e
dal Quarto al Quinto Conto Energia. 
    L'entrata  in  vigore  dell'art.  25,  commi  9  e  10,   decreto
legislativo n. 28/2011 e l'introduzione del  Quarto  Conto  (per  gli
impianti con data di entrata in esercizio  successiva  al  31.5.2011)
hanno dato origine a una serie di controversie aventi ad oggetto,  in
estrema sintesi, l'anticipata  cessazione  degli  effetti  del  Terzo
Conto. 
    A) Con piu' pronunce di questa Sezione le azioni  proposte  dagli
interessati sono state respinte, poiche', per quanto  qui  interessa,
le contestate innovazioni riguardavano impianti non ancora entrati in
esercizio (v., ex multis,  sentenze  13  febbraio  2013,  n.  1578  -
confermata in appello - , 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141,  3142,
3144; 2 aprile 2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez.
VI, 8 agosto 2014). 
    Piu'  precisamente,  e'  stata  esclusa  l'integrazione   di   un
affidamento tutelabile sul  rilievo  della  portata  non  retroattiva
della  nuova  disciplina,  diretta  a  regolamentare  l'accesso  agli
incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non ne fruiscano
atteso che l'ammissione  al  regime  di  sostegno  non  sortisce  dal
possesso  del  titolo  amministrativo   idoneo   alla   realizzazione
dell'impianto (titolo che pure costituisce un requisito essenziale  a
questo fine), ma dall'entrata in  esercizio  dell'impianto  medesimo,
vale a dire dalla sua effettiva realizzazione e messa  in  opera;  in
quest'ottica, si e' sostenuto che il decreto legislativo  n.  28/2011
dispone per l'avvenire, individuando, quale discrimen  temporale  per
l'applicazione  delle  nuove  regole,  l'entrata  in   esercizio   al
31.5.2011 e disciplinando il passaggio al Quarto Conto attraverso  la
previsione di tre periodi, il primo, inteso  a  consentire  l'accesso
agli incentivi di tutti gli impianti entrati in  esercizio  entro  il
31.8.2011, al fine di  tutelare  l'affidamento  degli  operatori  che
avessero quasi ultimato la  realizzazione  degli  impianti  sotto  il
vigore del Terzo Conto, il secondo, dall'1.9.2011 al  31.12.2012,  in
cui l'accesso avviene attraverso  l'iscrizione  nei  registri,  e  il
terzo, a regime, dal 2013 sino alla cessazione del Quarto Conto. 
    Muovendo dalla considerazione che  nell'ambito  delle  iniziative
pubbliche di promozione di specifici settori economici e'  necessario
identificare,  «sulla  base  di  elementi  dotati   di   apprezzabile
certezza, pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione
di possibili discriminazioni», un momento nel quale l'aspettativa del
privato si consolida e acquisisce  consistenza  giuridica,  e'  stata
riconosciuta  la  correttezza  dell'individuazione  di  un  discrimen
ancorato alla data di entrata in esercizio dell'impianto,  scelta  da
ritenere giustificata alla luce  delle  caratteristiche  del  sistema
incentivante  in  esame,  fondato  sulla  distinzione  tra  la   (pur
complessa) fase di predisposizione  dell'intervento  impiantistico  e
quella (altrettanto, se non piu' complessa) di sua messa in opera. Ed
e' a questo secondo momento (l'entrata  in  esercizio,  appunto)  che
occorre rivolgere l'attenzione per individuare il  fatto  costitutivo
del diritto alla percezione dei benefici il che si spiega  alla  luce
della generale  finalita'  del  regime  di  sostegno  (produzione  di
energia  da  fonte  rinnovabile)  e  dell'esigenza,  a   tale   scopo
strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni
concrete ed effettive. 
    E' stato, pertanto, rilevato come in quelle  ipotesi  venisse  in
esame la posizione di soggetti che  intendevano  tutelare,  piu'  che
l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto  effetti
giuridicamente rilevanti, scelte  imprenditoriali  effettuate  in  un
momento nel quale le stesse, a loro giudizio, si  sarebbero  rivelate
foriere di flussi reddituali positivi,  non  risultando  in  concreto
ravvisabili elementi tali da deporre nel senso dell'immutabilita' del
contributo pubblico al settore in considerazione. Ed e' stata esclusa
la dedotta lesione del legittimo  affidamento  degli  operatori  alla
stregua  dell'orientamento  della  giurisprudenza  europea  e   della
disamina degli elementi di fatto in concreto  rilevanti,  attestanti,
in sintesi, una situazione di esubero di «offerta» di  produzione  da
fotovoltaico (c.d.  «boom  del  fotovoltaico»)  in  presenza  di  una
consistente diminuzione dei costi (con particolare  riferimento  alle
componenti base degli impianti). 
    Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito:
a) per un verso, che il principio di certezza del diritto non postula
l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo «piuttosto  che  il
legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli  operatori
economici  e  preveda,  eventualmente,  adattamenti  all'applicazione
delle nuove norme giuridiche» (punto 49); b) per altro verso, che  la
possibilita' di far valere la tutela  del  legittimo  affidamento  e'
bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale  un'autorita'
nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma  non  «qualora
un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di  prevedere
l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel
caso in cui il provvedimento venga adottato);  in  tale  prospettiva,
inoltre, «gli operatori economici  non  possono  fare  legittimamente
affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che  puo'
essere  modificata  nell'ambito  del   potere   discrezionale   delle
autorita' nazionali» (punto 53), spettando al giudice  nazionale,  in
una valutazione globale e in concreto  delle  pertinenti  circostanze
fattuali, stabilire se l'impresa ricorrente disponga «come  operatore
prudente e accorto, [...] di elementi sufficienti per consentirle  di
aspettarsi che il regime di esenzione fiscale di cui  trattasi  fosse
abolito prima della data iniziale prevista per la sua scadenza»,  non
sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della
certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento  (punti
67 e 68). 
    E' stata, nell'occasione,  esclusa  la  lesione  degli  anzidetti
principi generali, non potendo dubitarsi  della  circostanza  che  il
settore  del  fotovoltaico  abbia  subito  negli  anni  piu'  recenti
notevoli  modifiche  in  ragione  dell'andamento  dei   costi   delle
componenti impiantistiche (in particolare, per  effetto  della  forte
riduzione del costo dei pannelli solari) e  dell'aumento  progressivo
delle potenze installate. 
    Il Tribunale  ha  ritenuto  che  di  tale  linee  tendenziali  un
operatore «prudente e  accorto»  fosse  ben  consapevole  e  cio'  in
ragione,  oltre  che  dell'intrinseca  mutevolezza  dei   regimi   di
sostegno, delle modalita' con cui questi sono stati  declinati  dalle
autorita' pubbliche nazionali sin dal Primo Conto, vale a dire con un
orizzonte temporale assai limitato e con ripetuti interventi a  breve
distanza di tempo (quattro in  soli  cinque  anni,  dal  luglio  2005
all'agosto 2010). 
    La lettura coordinata di questi elementi  permette  di  affermare
come un operatore avveduto fosse senz'altro in grado di percepire  le
mutazioni del contesto economico di riferimento nonche'  il  prossimo
raggiungimento  della  «grid  parity»  degli  impianti   fotovoltaici
rispetto a quelli convenzionali. 
    B) Il Consiglio di Stato (sent. n. 4233/2014) ha  condiviso  tale
impostazione, riconoscendo che «la tutela del  legittimo  affidamento
e'   principio   connaturato   allo   Stato   di   diritto   sicche',
regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i  limiti
della discrezionalita' legislativa (Corte costituzionale, sentenze  9
luglio 2009, n. 206,  e  8  maggio  2007,  n.  156)»,  e  negando  la
sussistenza di un «legittimo affidamento tutelabile», atteso che  nel
caso portato al suo esame non si controverteva  di  «provvedimenti  e
diritti gia' legittimamente  acquisiti  sulla  base  della  normativa
anteriore» e non era risultato che l'amministrazione pubblica  avesse
«orientato le societa' ricorrenti verso comportamenti  negoziali  che
altrimenti non avrebbero tenuto». 
    Ne' e'  stata  riscontrata  la  sussistenza  di  un  investimento
meritevole di  essere  salvaguardato,  posto  che  «la  rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». 
    Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che mancassero «i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da  parte
della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge» (cosi' Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014, n.  4233;  nello
stesso senso n. Cons. Stato n. 4234/2014). 
    Sempre sulla medesima questione, il Consiglio di Stato  (sentenza
n. 1043/2015): 
        ha osservato che «l'incentivo sulla produzione ha il fine  di
stimolare la installazione di impianti fotovoltaici con  l'effetto  e
il vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale
o totale) dei propri consumi elettrici e alla  vendita  di  eventuali
surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un  minore
tempo di recupero dei costi di impianto iniziale  di  investimento  e
successivo maggiore guadagno»; 
        ha disatteso la prospettazione degli operatori sulla  portata
lesiva delle innovazioni - in quanto «foriere di effetti deleteri per
la tutela degli investimenti gia' programmati sulla base  del  quadro
normativo previgente (Terzo Conto  Energia),  che  doveva  estendersi
fino a  tutto  il  2012»  -  reputando  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme
del decreto  legislativo  n.  28/2011,  «dovendosi  ritenere  che  la
violazione del diritto alla  iniziativa  economica,  cosi'  come  dei
principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino
solo allorquando la  nuova  norma  incida  in  modo  peggiorativo  su
aspettative qualificate, gia' pervenute,  pero',  ad  un  livello  di
consolidamento   cosi'   elevato    da    creare    un    affidamento
costituzionalmente protetto alla conservazione di  quel  trattamento,
tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o
sulla  revisione  prevista   di   precedenti   politiche   economiche
pubbliche» e cio' sul rilievo che la disciplina del Quarto Conto «non
tocca le iniziative gia' avviate (quelle per cui  gli  impianti  sono
entrati in esercizio al 31 maggio 2011) e introduce  una  ragionevole
distinzione  tra  le  diverse  situazioni  di  fatto,  operando   una
distinzione sulla base della  data  di  entrata  in  esercizio  degli
impianti». 
    Si puo' anche  ricordare  che  sulla  base  di  un'analoga  linea
argomentativa sempre il Giudice d'appello ha confermato  le  pronunce
di reiezione delle domande avanzate da  alcuni  soggetti  destinatari
degli incentivi del Quinto Conto dirette  a  ottenere  l'applicazione
del Quarto, rilevando, altresi': 
        l'impossibilita' di invocare le tutela dei «diritti  quesiti»
accordata dall'art. 25, comma 11,  decreto  legislativo  n.  28/2011,
perche' (tra l'altro) «nella specie, il diritto non era  sorto»,  pur
essendo  «comprensibile  il  rammarico  del  soggetto  che,   avviata
un'attivita' imprenditoriale, si  veda  modificato  il  quadro  delle
agevolazioni su cui  faceva  conto»,  risultato  tuttavia  dipendente
«dalla restrizione strutturale delle risorse disponibili» e che  «non
essendo ne' irragionevole ne' imprevedibile alla luce della normativa
[...], rappresenta un evento che va riportato al rischio di  impresa,
nel momento in cui il "boom del fotovoltaico" si e'  espresso  in  un
numero di iniziative verosimilmente superiore a quello  previsto  dai
soggetti pubblici e dagli stessi operatori privati del settore»; 
        l'infondatezza    della     doglianza     prospettante     la
«retroattivita' della imposizione patrimoniale introdotta con  l'art.
10, comma 4, del d.m. 5 luglio 2012» a far tempo  dall'1.1.2011  e  a
carico di tutti i soggetti beneficiari delle incentivazioni (ai  fini
della «copertura degli oneri di gestione,  verifica  e  controllo  in
capo al GSE»), in quanto «l'impianto era gia' entrato  in  esercizio,
ma esso non godeva  ancora  di  alcun  incentivo,  cosicche'  sarebbe
improprio  dire  che  la  norma  vada  a  modificare  in  peggio  una
situazione giuridica consolidata» (cosi' Cons.  Stato,  sez,  IV,  29
gennaio 2015, n. 420, confermativa della sentenza di  questa  Sezione
14 novembre 2013, n. 9749). 
    2. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Dopo la cessazione dei Conti Energia il legislatore nazionale  e'
intervenuto nuovamente sul settore,  dapprima  col  decreto-legge  n.
145/2013 e poi con il decreto-legge n. 91/2014, oggi in esame. 
    2.1.  Il  decreto-legge   n.   145/2013:   lo   «spalma-incentivi
volontario». 
    Il decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  c.d.  «Destinazione
Italia»  («Interventi  urgenti  di  avvio  del  piano   «Destinazione
Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,  per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015», convertito  in  legge,  con  modifiche,  dalla  legge  21
febbraio  2014,  n.  9),   introduce   all'art.   1   (tra   l'altro)
«disposizioni per la  riduzione  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche» prevedendo, in particolare, ai commi da 3 a 5,  «al  fine
di contenere l'onere annuo sui  prezzi  e  sulle  tariffe  elettriche
degli incentivi alle energie  rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto
produttivo nel medio-lungo  termine  dagli  esistenti  impianti»,  un
meccanismo di rimodulazione degli incentivi, tale che  «i  produttori
di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari  di  impianti  che
beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe
omnicomprensive  ovvero  tariffe  premio  possono,  per  i   medesimi
impianti, in misura alternativa: a: continuare a  godere  del  regime
incentivante spettante per il periodo di diritto residuo  [...];  b):
optare  per  una  rimodulazione  dell'incentivo  spettante,  volta  a
valorizzare l'intera vita utile dell'impianto» e  con  un  incremento
del periodo dell'incentivazione di 7 anni. 
    Si tratta in sostanza del c.d. «spalma-incentivi volontario». 
    2.2.  Il   decreto-legge   n.   91/2014:   lo   «spalma-incentivi
obbligatorio». 
    Da ultimo e' stato adottato il decreto-legge 24 giugno  2014,  n.
91, c.d. «decreto Competitivita'», recante «Disposizioni urgenti  per
il  settore  agricolo,  la  tutela  ambientale  e   l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti derivanti dalla normativa europea» (pubblicato nella G.U.
n. 144 del 24 giugno 2014, in vigore dal  25.6.2014),  convertito  in
legge, con modificazioni, dalla legge 11  agosto  2014,  n.  116  (in
vigore dal 21.8.2014). 
    L'art.  26,  oggi  in  esame,  reca  «interventi  sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici». 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti: 
        A) ambito applicativo e finalita' (comma 1): 
          «1. Al  fine  di  ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di
raccolta ed  erogazione  degli  incentivi  e  favorire  una  migliore
sostenibilita' nella politica di supporto alle  energie  rinnovabili,
le tariffe incentivanti sull'energia elettrica prodotta  da  impianti
solari fotovoltaici, riconosciute in  base  all'art.  7  del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e all'art. 25,  comma  10,  del
decreto legislativo 3 marzo 2011, n.  28,  sono  erogate  secondo  le
modalita' previste dal presente articolo.». 
    L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe  incentivanti
riconosciute in base ai Conti Energia ed  e'  ispirato  alla  duplice
finalita' di «ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi», cui  e'  collegato  il  comma  2,  e  di
«favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili»; 
        B) modalita' di erogazione (comma 2): 
          «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il  Gestore  dei
servizi energetici S.p.A. eroga le tariffe  incentivanti  di  cui  al
comma 1, con rate mensili costanti, in misura pari al  90  per  cento
della  producibilita'  media  annua  stimata  di  ciascun   impianto,
nell'anno  solare  di  produzione  ed  effettua  il  conguaglio,   in
relazione alla produzione effettiva, entro  il  30  giugno  dell'anno
successivo. Le  modalita'  operative  sono  definite  dal  GSE  entro
quindici giorni dalla pubblicazione del presente decreto e  approvate
con decreto del Ministro dello sviluppo economico». 
    La norma introduce, a far  tempo  dall'1.7.2014,  un  sistema  di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto del 90% della «producibilita' media annua
stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da  versare  in
«rate mensili costanti», e  «conguaglio»,  basato  sulla  «produzione
effettiva», entro il 30  giugno  dell'anno  successivo  a  quello  di
produzione). 
    A tale comma e' stata data attuazione con il decreto ministeriale
16.10.2014 (pubbl. nella G.U. n. 248 del 24.10.2014); 
        C) rimodulazione (comma 3): 
          «3.  A  decorrere  dal  1°   gennaio   2015,   la   tariffa
incentivante  per  l'energia  prodotta  dagli  impianti  di   potenza
nominale superiore a 200 kW e' rimodulata, a  scelta  dell'operatore,
sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al  GSE  entro
il 30 novembre 2014: 
          a) la tariffa  e'  erogata  per  un  periodo  di  24  anni,
decorrente  dall'entrata  in  esercizio   degli   impianti,   ed   e'
conseguentemente ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione
indicata nella tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
          b) fermo restando il periodo di erogazione  ventennale,  la
tariffa e' rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; 
          c) fermo restando il periodo di erogazione  ventennale,  la
tariffa  e'  ridotta  di   una   quota   percentuale   dell'incentivo
riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per
la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le  seguenti
quantita': 
          1) 6 per cento per gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
          2) 7 per cento per gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
          3) 8 per cento per gli  impianti  aventi  potenza  nominale
superiore a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c)». 
    Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della rimodulazione,
stabilendone l'operativita' a decorrere dall'1.1.2015. 
    L'ambito soggettivo di applicazione e' piu' ristretto  di  quello
contemplato dal comma 1,  venendo  presi  in  considerazione  i  soli
«impianti di potenza nominale superiore a 200 kW». 
    Per altro l'art. 22-bis,  comma  1,  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133 (convertito, con  modifiche,  dalla  legge  11  novembre
2014,  n.  164),  ha  operato  un'ulteriore  restrizione,  esonerando
dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da  3  a  6  gli
«impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata  in
vigore della legge di conversione  del  decreto-legge  91/2014]  enti
locali o scuole». 
    Il citato art. 26 comma 3 concede agli operatori la  possibilita'
di optare entro il 30.11.2014 fra tre modalita' alternative: 
        lettera A): estendere la durata dell'incentivazione sino a 24
anni (decorrenti dalla data di entrata in  esercizio  dell'impianto):
in tal caso si applicano le riduzioni indicate nella tabella  di  cui
all'Allegato 2 al decreto-legge n. 91/2014, formulata sulla  base  di
una proporzione inversa tra «periodo residuo» (dell'incentivazione) e
«percentuale di riduzione»; segnatamente,  essa  e'  suddivisa  in  8
scaglioni  di  «periodo  residuo»,  a  partire  da  «12  anni»,   cui
corrisponde una riduzione del 25%, sino a  «19  anni  e  oltre»,  cui
corrisponde una riduzione del 17% (l'art. 26 comma 4 chiarisce che le
riduzioni in questione, ove riferite alle  «tariffe  onnicomprensive»
erogate ai sensi del IV° e del V°  conto,  «si  applicano  alla  sola
componente incentivante»); 
        lettera B): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,
suddividerla in due «periodi», il primo dei quali «di fruizione di un
incentivo ridotto rispetto all'attuale» e il secondo «di fruizione di
un incentivo incrementato in ugual misura». 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro l'1.10.2014  «in
modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi  titolo
all'opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all'anno  per
il periodo 2015-2019, rispetto all'erogazione prevista con le tariffe
vigenti». 
    A tale  previsione  e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 17.10.2014 (pubbl. nella G.U. n. 248 del 24.10.2014); 
        lettera C): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,
applicare una riduzione «dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione»  secondo  percentuali   determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW,  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900  kW  e  8%  per  gli  impianti  con
potenza superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione   di   questa   terza   ipotesi    (riduzione    secca
dell'incentivo); 
    D) misure di «accompagnamento» (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
«accompagnamento» quali: 
        finanziamenti bancari (comma 5): 
          ai sensi  del  comma  5,  il  «beneficiario  della  tariffa
incentivante di cui ai commi 3 e  4  puo'  accedere  a  finanziamenti
bancari per un importo massimo pari alla differenza  tra  l'incentivo
gia' spettante al 31 dicembre 2014 e  l'incentivo  rimodulato»;  tali
finanziamenti     «possono     beneficiare,     cumulativamente     o
alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con  il  sistema
bancario, di provvista dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa
depositi e prestiti S.p.A.» (CDP); a sua volta, l'esposizione di  CDP
e' garantita dallo Stato [...] secondo criteri e modalita'  stabiliti
con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia  e
delle finanze». 
    A tale disposizione e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 29.12.2014 (pubblicato nella G.U. n. 17 del 22.1.2015); 
        adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
          in riferimento all'opzione sub lett. a), «Le regioni e  gli
enti locali adeguano, ciascuno per  la  parte  di  competenza  e  ove
necessario, alla durata  dell'incentivo  come  rimodulata  [...],  la
validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per
la costruzione e l'esercizio degli  impianti  fotovoltaici  ricadenti
nel campo di applicazione del presente articolo»; 
    «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
        la  misura  concerne  tutti  «i  beneficiari   di   incentivi
pluriennali,  comunque  denominati,  per  la  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i  produttori  da
energia solare - ,  i  quali  «possono  cedere  una  quota  di  detti
incentivi, fino ad un massimo dell'80 per  cento,  ad  un  acquirente
selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). 
    L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a
percepire  gli  incentivi»,  «salva  la  prerogativa»  dell'AEEG  «di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  «a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi»). 
    E' demandata, poi, all'AEEG la definizione (entro il  19.11.2014)
delle inerenti modalita' attuative,  attraverso  la  definizione  del
sistema per gli acquisti e la cessione delle quote  (comma  9)  e  la
destinazione  «a  riduzione  della  componente  A3  degli  oneri   di
sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi» dettati  con  decreto
del Ministro dello sviluppo economico, dell'«eventuale differenza tra
il  costo  annuale  degli   incentivi»   acquistati   dall'acquirente
selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
        al comma 12, che «alle quote di  incentivi  cedute  ai  sensi
delle disposizioni di cui al comma 9 non si  applicano,  a  decorrere
dalla data di cessione, le misure di rimodulazione di  cui  al  comma
3»; 
        al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni  di  cui  ai
commi da 7 a 12 e' subordinata alla verifica da parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Infine, con il comma 11 viene demandato al Governo  di  «assumere
ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle  disposizioni  del
presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema  bancario
per  semplificare  il  recesso  totale  o   parziale   dei   soggetti
beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti  di  finanziamento
stipulati». 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici»  (con  data
3.11.2014), recanti precisazioni sulle modalita' di applicazione  del
nuovo meccanismo. 
    3. Gli effetti dell'art. 26 comma 3 del decreto-legge n. 91/2014. 
    Come  si  e'  visto,  le  previsioni   dell'art.   26   comma   3
decreto-legge n. 91/2014 incidono sugli incentivi percepiti, in  base
alle convenzioni stipulate con il GSE in attuazione  dei  vari  Conti
Energia, dai titolari  degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici. 
    Dai dati  pubblicati  dal  GSE  nel  proprio  sito  istituzionale
risulta che  al  31.7.2014  su  un  totale  di  n.  550.785  impianti
incentivati, per una potenza complessiva di  ca.  17,731  MW,  12.264
hanno potenza superiore a 200 kW. 
    Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni  del  comma  3
impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome
definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando  un  effetto
novativo sugli elementi della durata  o  dell'importo  delle  tariffe
incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei
costi di transazione  derivanti  dalla  necessita'  di  adeguare  gli
assetti in essere alla nuova situazione. 
    E infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di  cui  alla
lett. c), avente chiara portata negativa: 
        l'allungamento  della  durata   divisata   dalla   lett.   a)
(estensione  a  24  anni  con  proporzionale  riduzione  delle  quote
annuali),  oltre  a  comportare  una   differita   percezione   degli
incentivi, di per se' (notoriamente) pregiudizievole,  non  puo'  non
incidere sui parametri iniziali dell'investimento,  impattando  anche
sui costi dei fattori produttivi (si pensi a es.  alle  attivita'  di
gestione, alla durata  degli  eventuali  finanziamenti  bancari,  dei
contratti  stipulati  per  la  disponibilita'   delle   aree,   delle
assicurazioni, ecc.), ferma la necessita' del  parallelo  adeguamento
dei necessari titoli amministrativi (cfr. comma 6); 
        la lett. b) determina una  riduzione  degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  «almeno  600
milioni» di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di  tutti  gli
interessati)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito col d.m.  17.10.2014):  poiche'  l'incentivo  e'
funzione  della  produzione,  il  fisiologico  invecchiamento   degli
impianti, assoggettati nel corso  del  tempo  a  una  diminuzione  di
produttivita', determina la non completa recuperabilita'  dei  minori
importi relativi al  periodo  2015-2019,  attraverso  gli  incrementi
delle  tariffe  riferibili  al  periodo  successivo  (nel  quale  gli
impianti stessi hanno minore efficienza). 
    4. La rilevanza della questione di legittimita'. 
    Il   Collegio   ritiene   di   dovere   sottoporre   alla   Corte
costituzionale il vaglio di legittimita' dell'art. 26  comma  3°  del
decreto-legge n. 91/2014 come convertito dalla legge n. 116/2014. 
    La  Solarpark  Serre  1  S.r.l.  e'  titolare  di   un   impianto
fotovoltaico di potenza  superiore  a  900  kW  che  beneficia  delle
tariffe incentivanti previste dagli artt. 7  decreto  legislativo  n.
387/2003 e 25  decreto legislativo  n.  28/2011  ed  oggetto  di  una
convenzione stipulata con il GSE. 
    In  ordine  alla  rilevanza  della  questione   di   legittimita'
costituzionale il Tribunale ritiene che la  disposizione,  della  cui
legittimita' si dubita, costituisca parametro normativo necessario ai
fini della valutazione della fondatezza  delle  domande  proposte  da
parte ricorrente. 
    Come evidenziato  nella  parte  relativa  allo  «Svolgimento  del
processo», le domande proposte da parte ricorrente hanno ad oggetto: 
        a) l'annullamento del decreto del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione  dell'art.  26
comma 3 decreto-legge n. 91/2014, con cui sono  stati  individuati  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli  incentivi,  e  delle
«Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in
data 03/11/2014; 
        b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna  delle
tre opzioni di rimodulazione  dell'incentivo  per  la  produzione  di
energia  elettrica  fotovoltaica,  previste  dall'art.  26  comma  3°
lettere a),  b)  e  c)  decreto-legge  n.  91/2014,  del  diritto  di
conservare le condizioni  contrattuali  stabilite  nelle  convenzioni
stipulate con il G.S.E. e dell'insussistenza del potere del G.S.E. di
applicare l'opzione prevista dall'art. 26 comma 3° lettera c)  citato
nel caso di mancato esercizio,  entro  il  30  novembre  2014,  delle
opzioni di scelta previste dalla disposizione in esame. 
    In  relazione  alla   domanda   caducatoria   la   questione   di
legittimita' costituzionale risulta  rilevante  in  quanto  gli  atti
impugnati  sono  stati  emanati  dall'autorita'   amministrativa   in
dichiarata attuazione dell'art. 26 decreto legislativo n. 91/2014 (la
cui legittimita' e' oggetto di contestazione) che  nella  fattispecie
riveste il ruolo e la funzione di norma legittimante l'esercizio  del
potere amministrativo contestato in giudizio. 
    Gli  atti   impugnati,   per   altro,   sono   strumentali   alla
rimodulazione degli incentivi prevista dall'art. 26 comma  3  decreto
legislativo n. 91/2014 ed avversata da parte ricorrente. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale   e',   altresi',
rilevante ai fini della decisione in  ordine  alla  fondatezza  della
domanda di accertamento proposta da  parte  ricorrente  e  avente  ad
oggetto l'invocata inapplicabilita', alle  convenzioni  in  corso  di
efficacia, delle rimodulazioni previste dall'art. 26 comma 3  decreto
legislativo n. 91/2014; l'accoglimento della domanda di accertamento,
infatti, presuppone  la  non  applicabilita'  dell'art.  26  comma  3
citato. 
    La richiesta statuizione di accertamento costituisce, per  altro,
strumento necessario per la tutela dell'interesse di parte ricorrente
stante il carattere autoapplicativo della  norma  (art.  26  comma  3
citato) la cui legittimita' costituzionale e'  in  contestazione  (su
tale aspetto si rinvia a quanto in prosieguo evidenziato). 
    In  ordine   all'ammissibilita'   della   predetta   domanda   di
accertamento, la stessa  e'  stata  dal  Tribunale  riconosciuta  con
sentenza parziale emessa in  pari  data  sulla  base  delle  seguenti
argomentazioni: 
        a) l'ammissibilita' della domanda  di  accertamento  consegue
alla natura di diritto soggettivo della situazione giuridica azionata
dalle ricorrenti ed identificabile nella pretesa  all'incentivo  come
quantificato  nei  «contratti  di  diritto   privato»   espressamente
menzionati dall'art. 24 comma 2° lettera b)  decreto  legislativo  n.
28/2011. Il citato art.  24,  direttamente  riferibile  al  Quarto  e
Quinto  Conto  Energia,  ha  portata  ricognitiva  della   situazione
venutasi a  determinare  durante  la  vigenza  dei  primi  tre  Conti
Energia, in relazione ai quali il Gestore risulta  avere  concesso  i
benefici  attraverso  «convenzioni»  con  gli  interessati  (si  veda
quanto, sul punto, in precedenza esplicitato al paragrafo 1.2.3). 
    Si tratta di atti aventi la  medesima  natura;  infatti,  sia  la
«convenzione» che il «contratto» hanno lo scopo di  regolamentare  il
rapporto  giuridico  tra  il   GSE   e   il   soggetto   responsabile
dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti  concessori,
nei quali accanto al provvedimento di  concessione  l'amministrazione
concedente e il privato concessionario concludono un  contratto  c.d.
accessivo per la disciplina delle rispettive obbligazioni. 
    La qualificazione in termini di diritto soggettivo della  pretesa
al mantenimento dell'incentivo e', pertanto, desumibile dalla  natura
«di diritto privato» dell'atto  da  cui  promana  la  quantificazione
dell'incentivo stesso; 
        b)  anche  a  volere  qualificare  la   posizione   giuridica
soggettiva delle ricorrenti come  interesse  legittimo,  l'azione  di
accertamento deve ritenersi, comunque,  ammissibile,  come  ha  avuto
modo di ritenere l'Adunanza Plenaria con la sentenza  n.  15/2011  in
riferimento alle ipotesi in cui «detta tecnica di tutela sia  l'unica
idonea   a   garantire   una   protezione   adeguata   ed   immediata
dell'interesse legittimo» (presupposto che ricorre nella  fattispecie
come si avra' modo di precisare in prosieguo in  ordine  alla  natura
della lesione subita da parte ricorrente) a nulla rilevando l'assenza
di una  previsione  legislativa  espressa.  Tale  impostazione  trova
«fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta
fondamentale al fine di garantire  la  piena  e  completa  protezione
dell'interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113)» (A.P. n. 15/2011); 
        c) circa, poi, l'esistenza,  in  concreto,  delle  condizioni
legittimanti  l'esperibilita'  dell'azione  di  accertamento,   nella
fattispecie parte ricorrente, sin dal momento dell'entrata in  vigore
dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014, ha subito una lesione  diretta
ed   immediata   della   sua    situazione    giuridica    soggettiva
(identificabile  nella   pretesa   al   mantenimento   dell'incentivo
«convenzionato») per effetto del regime introdotto dalla disposizione
in  esame.  In  particolare,  tale  pregiudizio   e'   identificabile
nell'immediata operativita' dell'obbligo di scelta  -  da  esercitare
entro il 30 novembre 2014 - di una delle tre opzioni di rimodulazione
degli incentivi previste dall'art. 26 decreto legge n. 91/2014. 
    Come gia' rilevato al paragrafo  3  ciascuna  delle  opzioni  del
comma 3 dell'art. 26  citato  impatta  in  senso  peggiorativo  sulla
posizione degli  operatori  siccome  definita  nelle  convenzioni  di
incentivazione, esplicando un effetto novativo sugli  elementi  della
durata o dell'importo delle tariffe incentivanti  o  su  entrambi,  e
tanto anche  a  non  voler  tener  conto  dei  costi  di  transazione
derivanti dalla necessita' di adeguare gli  assetti  in  essere  alla
nuova situazione. 
    Ne deriva che la lesione, attualmente riferibile  alla  posizione
di   parte   ricorrente,    consegue    all'immediata    operativita'
dell'obbligo, imposto dall'art. 26 comma 3° decreto-legge n. 91/2014,
di scelta di uno dei tre regimi peggiorativi previsti dalla norma. 
    La norma in esame, pertanto, ha carattere autoapplicativo perche'
la lesione consegue alla mera entrata in vigore della  stessa  e  non
necessita per  la  sua  attuazione  dell'intermediazione  del  potere
amministrativo del Ministero o del Gestore. 
    In quest'ottica l'intervento del G.S.E., previsto dalla norma  in
esame, serve solo a quantificare in  concreto,  in  riferimento  alle
percentuali gia' previste dalla norma,  la  riduzione  dell'incentivo
riconducibile all'opzione di cui alla lettera c),  applicata  in  via
imperativa dalla legge, e non  costituisce  in  alcun  modo  autonoma
manifestazione di volonta' di applicazione dell'opzione in esame. 
    Proprio l'esistenza di una modificazione della realta' giuridica,
peggiorativa di  quella  preesistente,  conseguente  all'introduzione
dell'obbligo vigente di scegliere entro il 30 novembre 2014 una delle
opzioni previste dall'art. 26  comma  3°  decreto-legge  n.  90/2014,
qualifica, in capo alla parte ricorrente,  l'interesse  ad  agire  in
relazione alla proposta azione di accertamento; 
        d) in una fattispecie simile a quella  oggetto  di  causa  la
Corte di Cassazione  (ordinanza  n.  12060/2013),  nel  sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale  di  norme  elettorali  (poi
accolta dalla Consulta con la sentenza n. 1/2014), ha avuto  modo  di
affermare che «ci si allontana dall'archetipo delle  azioni  di  mero
accertamento per avvicinarsi a quello delle azioni costitutive  o  di
accertamento-costitutive»  allorche'  (come  nell'ipotesi  in  esame)
l'interesse «e' quello di rimuovere un pregiudizio che invero non  e'
dato da una mera situazione di incertezza ma da una  (gia'  avvenuta)
modificazione della realta' giuridica che postula di  essere  rimossa
mediante un'attivita' ulteriore, giuridica e materiale». 
    Nell'occasione  la  Corte  di  Cassazione,  con  un  ragionamento
estensibile  anche  alla  presente  fattispecie,  ha  avuto  modo  di
precisare che «una interpretazione della  normativa  elettorale  che,
valorizzando la tipicita' delle azioni previste in materia  (di  tipo
impugnatorio  o  concernenti  l'ineleggibilita',   la   decadenza   o
l'incompatibilita'  dei  candidati),  escludesse  in  radice   ovvero
condizionasse la proponibilita' di azioni come quella qui proposta al
maturare di tempi indefiniti  o  al  verificarsi  di  condizioni  non
previste dalla legge (come, ad esempio, la  convocazione  dei  comizi
elettorali), entrerebbe in conflitto con i  parametri  costituzionali
(art. 24, e art. 113, comma 2)  della  effettivita'  e  tempestivita'
della tutela giurisdizionale» aggiungendo  che  «ci  sono  leggi  che
creano in maniera immediata restrizioni dei poteri o doveri in capo a
determinati soggetti, i quali nel momento  stesso  in  cui  la  legge
entra in vigore si trovano gia' pregiudicati da esse,  senza  bisogno
dell'avverarsi di un fatto che trasformi l'ipotesi legislativa in  un
concreto  comando.  In  tali  casi  l'azione  di  accertamento   puo'
rappresentare   l'unica   strada   percorribile   per    la    tutela
giurisdizionale di  diritti  fondamentali  di  cui,  altrimenti,  non
sarebbe possibile una tutela ugualmente efficace e diretta»; 
        e) in relazione a tale ultimo profilo e' utile precisare  che
nella fattispecie l'esigenza di tutela giurisdizionale e' qualificata
dal fatto che la posizione di parte ricorrente viene  incisa  da  una
vera e propria legge - provvedimento. 
    Secondo la giurisprudenza  costituzionale  (tra  le  altre  Corte
costituzionale  n.  275/2013)  sono  leggi-provvedimento  quelle  che
«contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze
n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997),  ovvero  «incidono
su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza  n.  94
del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze  n.
20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241  del  2008,  n.
267 del 2007  e  n.  2  del  1997),  «anche  in  quanto  ispirate  da
particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e
che comportano l'attrazione alla sfera legislativa «della  disciplina
di   oggetti   o   materie   normalmente    affidati    all'autorita'
amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)». 
    Queste leggi, anche  se  ammissibili,  devono  soggiacere  ad  un
rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale per il pericolo  di
disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare  e
derogatorio (sentenze n. 85 del 2013; in senso conforme  sentenze  n.
20 del 2012 e n. 2 del 1997), con l'ulteriore precisazione che  «tale
sindacato deve essere tanto piu' rigoroso  quanto  piu'  marcata  sia
[...] la natura provvedimentale dell'atto  legislativo  sottoposto  a
controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (sentenza n. 137 del  2009;  in
senso conforme sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007). 
    Cio' posto, al fine di qualificare come legge - provvedimento  il
decreto-legge n. 91/2014,  il  Tribunale  ritiene  significativa  non
soltanto la «ratio» del testo normativo in esame (ivi individuata nel
«fine di ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed  erogazione
degli incentivi e favorire una migliore sostenibilita' nella politica
di supporto alle energie rinnovabili») ma, soprattutto il  meccanismo
di operativita' della rimodulazione degli incentivi ivi prevista. 
    In quest'ottica deve essere evidenziato che: 
        la norma ha un ambito applicativo limitato in quanto concerne
i  soli  titolari  di  impianti  fotovoltaici  di  potenza   nominale
superiore a 200 KW che hanno stipulato  con  il  GSE  convenzioni  in
corso di esecuzione per l'erogazione degli incentivi; 
        la  disposizione  disciplina  puntualmente  l'entita'   della
rimodulazione degli incentivi e per la sua applicazione non necessita
dell'esercizio del potere amministrativo almeno per  quanto  concerne
le opzioni di cui alle lettere a) e c) dell'art. 26 decreto-legge  n.
91/2014; 
        la norma disciplina direttamente le  modalita'  di  esercizio
dell'opzione e la conseguenza riferibile al mancato  esercizio  della
stessa. 
    In sostanza, l'art.  26  decreto-legge  n.  91/2014  finisce  con
l'esercitare competenze sostanzialmente amministrative perche' non si
limita  a  fissare  un  obiettivo  ma  disciplina  specificamente  le
modalita' e l'entita' delle rimodulazioni come si  evince  dal  fatto
che non e' previsto (se non in riferimento all'ipotesi di cui sub  b)
un intervento attuativo dell'autorita' amministrativa. 
    La qualificazione in termini di legge provvedimento dell'art.  26
decreto legislativo n. 99/2014  costituisce  ulteriore  argomento  ai
fini dell'ammissibilita'  dell'azione  di  accertamento  proposta  in
questo  giudizio  sia  perche'  gli  obblighi  lesivi  per  la  parte
ricorrente sono direttamente riconducibili alla  norma  primaria  sia
perche' tale tipologia di azione costituisce il necessario  strumento
per potere accedere alla  tecnica  di  tutela  tipica  (sindacato  di
legittimita'    costituzionale)    dell'atto    (legge-provvedimento)
pregiudizievole per il destinatario. 
    Sempre in relazione alla rilevanza il  Tribunale  rileva  che  la
norma  sub  judice,  per  il  suo  contenuto  univoco,  specifico  ed
immediatamente lesivo degli interessi economici dei suoi destinatari,
non si presta in alcun modo ad una interpretazione costituzionalmente
orientata,  imponendo  la  rimessione  della  questione  alla   Corte
costituzionale in relazione ai profili  di  possibile  illegittimita'
che sono evidenziati al paragrafo che segue. 
    5. Profili di non manifesta infondatezza. 
    Di  seguito  vengono  indicati  i  profili   di   non   manifesta
infondatezza della questione. 
    5.1 Violazione  degli  artt.  3  e  41  Cost.:  irragionevolezza,
sproporzione e violazione del principio del legittimo affidamento. 
    Il comma 3 dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014 presenta profili
d'irragionevolezza e risulta non compatibile con gli  artt.  3  e  41
Cost. poiche' incide ingiustificatamente sulle posizioni di vantaggio
consolidate, per altro riconosciute da negozi  «di  diritto  privato»
(si veda l'art. 24 decreto legislativo n. 28/2011), e  sul  legittimo
affidamento dei fruitori degli incentivi. 
    5.1.1. La questione rientra nel tema  dei  limiti  costituzionali
alle leggi di modificazione dei  rapporti  di  durata  e  della  c.d.
«retroattivita' impropria», quale attributo  delle  disposizioni  che
introducono  «per  il  futuro  una  modificazione  peggiorativa   del
rapporto di durata», con riflessi negativi «sulla posizione giuridica
gia' acquisita dall'interessato» (C. cost. sent. n. 236/2009). 
    La Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  ricordato  come  nella
propria  giurisprudenza  sia  ormai  «consolidato  il  principio  del
legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,  che  costituisce
elemento fondamentale dello Stato di diritto e non puo'  essere  leso
da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in   regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi  anteriori»
(sent. n. 236/2009 cit. e giurisprudenza ivi richiamata): «nel nostro
sistema costituzionale non e' affatto interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il  limite
imposto  in  materia  penale  dall'art.  25,  secondo  comma,   della
Costituzione). Unica condizione essenziale e' che  tali  disposizioni
non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,  frustrando,   con
riguardo a situazioni sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,
l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da  intendersi
quale elemento fondamentale dello  Stato  di  diritto»  (sentenza  n.
64/2014, che cita la sent. n. 264 del  2005,  e  richiama,  in  senso
conforme, le sentt. n. 236 e n. 206 del 2009). 
    In applicazione  di  questa  pacifica  massima  -  integrata  dal
riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia  dell'Unione
Europea secondo cui  «una  mutazione  dei  rapporti  di  durata  deve
ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo  «improvviso
e imprevedibile»  senza  che  lo  scopo  perseguito  dal  legislatore
imponga l'intervento (sentenza del 29 aprile 2004, in cause  C-487/01
e C-7/02)» (cosi' sent. n. 64/2014 cit.) - la Corte ha,  ad  esempio,
escluso  l'incostituzionalita'  di   una   normativa   diretta   alla
«variazione  dei  criteri  di   calcolo   dei   canoni   dovuti   dai
concessionari di beni demaniali» (con lo  scopo  di  consentire  allo
Stato una maggiorazione delle entrate e  di  rendere  i  canoni  piu'
equilibrati rispetto a quelli pagati a favore di  locatori  privati),
sul rilievo che  tale  effetto  non  era  «frutto  di  una  decisione
improvvisa ed arbitraria del legislatore», ma  si  inseriva  «in  una
precisa linea evolutiva nella disciplina dell'utilizzazione dei  beni
demaniali» (sent. n. 302/2010; v. anche sent. n. 64/2014, in  cui  e'
stata   giudicata   «non   irragionevole   l'opzione   normativa   di
rideterminazione del canone sulla base di fasce di utenza commisurate
alla potenza nominale degli impianti  di  derivazione  idroelettrica,
sulla quale si e' assestato nel tempo il legislatore provinciale allo
scopo di attuare un maggiore prelievo  al  progredire  della  risorsa
sottratta all'uso della collettivita', nell'ottica della piu'  idonea
preservazione delle risorse idriche», alla  luce,  tra  l'altro,  del
«dato storico della reiterazione nel tempo dell'intervento  normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale»). 
    Al contrario, la Corte (sentenza n. 236 del 24  luglio  2009)  ha
ritenuto incostituzionale la disposizione introduttiva della graduale
riduzione e finale abolizione del periodo di fuori ruolo del  docenti
universitari  (art.  2,  comma  434,  l.  n.  244/07),   ravvisandone
l'irragionevolezza, all'esito del «necessario bilanciamento»  tra  il
perseguimento della finalita' avuta di mira dalla norma «e la  tutela
da riconoscere al legittimo affidamento  nella  sicurezza  giuridica,
nutrito da quanti,  sulla  base  della  normativa  previgente,  hanno
conseguito una situazione sostanziale consolidata» (cio' alla luce di
una serie di elementi fattuali, quali  le  caratteristiche  di  detta
posizione  giuridica,  «concentrata  nell'arco   di   un   triennio»,
interessante «una categoria di docenti numericamente ristretta»,  non
produttiva di «significative ricadute sulla  finanza  pubblica»,  non
rispondente «allo scopo di  salvaguardare  equilibri  di  bilancio  o
altri aspetti di pubblico interesse»  e  neppure  potendosi  definire
«funzionale  all'esigenza  di  ricambio  generazionale  dei   docenti
universitari», con  sacrificio  pertanto  «ingiustificato  e  percio'
irragionevole,   traducendosi   nella   violazione   del    legittimo
affidamento - derivante da un formale provvedimento amministrativo  -
riposto nella possibilita' di portare a termine, nel tempo  stabilito
dalla legge, le funzioni loro conferite e, quindi,  nella  stabilita'
della posizione giuridica acquisita»). 
    Piu' in generale, sul tema dell'efficacia retroattiva delle leggi
la Corte ha reiteratamente affermato che il divieto di retroattivita'
non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25
Cost., ben potendo il legislatore emanare norme  retroattive  purche'
la retroattivita' trovi  adeguata  giustificazione  nell'esigenza  di
tutelare principi, diritti e  beni  di  rilievo  costituzionale,  che
costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse  generale»,
ai sensi della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU) e con  una  serie  di  limiti  generali,
attinenti alla salvaguardia, oltre che dei  principi  costituzionali,
di altri fondamentali valori di civilta' giuridica,  posti  a  tutela
dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra  i  quali
vanno   ricompresi   il   rispetto   del   principio   generale    di
ragionevolezza,  che  si   riflette   nel   divieto   di   introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto,  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario (sentenze nn. 160/2013 e 209/2010). 
    Tali conclusioni non si discostano  (e  anzi  sembrano  permeate)
dagli esiti raggiunti dalla giurisprudenza della Corte  di  Giustizia
sull'operativita' del principio  di  legittimo  affidamento  (cui  e'
sotteso quello della certezza del diritto)  nel  campo  dei  rapporti
economici, in relazione al  quale  e'  stato  elaborato  il  criterio
dell'operatore economico «prudente e accorto»: la possibilita' di far
valere la tutela del legittimo affidamento e', bensi', «prevista  per
ogni operatore economico nel quale un'autorita' nazionale abbia fatto
sorgere fondate aspettative», ma non «qualora un operatore  economico
prudente ed accorto sia  in  grado  di  prevedere  l'adozione  di  un
provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel caso in  cui  il
provvedimento venga adottato); in  tale  prospettiva,  inoltre,  «gli
operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla
conservazione di una situazione esistente che puo' essere  modificata
nell'ambito del potere discrezionale delle autorita' nazionali» (cfr.
punto 53, sent. C. giust.  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,
Plantanol, cit.). 
    Per completezza, si  puo'  sottolineare  come  nell'ambito  della
disciplina  generale  del  procedimento  amministrativo   lo   stesso
legislatore nazionale abbia da ultimo conferito valenza pregnante  al
principio dell'affidamento. 
    Basti considerare le rilevanti innovazioni apportate  alla  legge
n. 241/90 dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (convertito  in
legge, con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164),  recante
«Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive». 
    Con l'art. 25, comma 1,  lett.  b-ter),  di  detto  decreto-legge
(lettera aggiunta  dalla  legge  di  conversione)  e'  stato  infatti
modificato l'art. 21-quinquies, comma 1, legge n. 241/90 cit.,  sulla
«revoca del provvedimento», nel duplice senso: a) di circoscrivere il
presupposto del «mutamento della situazione di  fatto»,  che  per  la
nuova  disposizione  deve  essere   «non   prevedibile   al   momento
dell'adozione del provvedimento»; b) di precludere,  nell'ipotesi  di
«nuova valutazione dell'interesse pubblico originario», la revoca dei
provvedimenti  (a  efficacia  durevole)  di  «autorizzazione   o   di
attribuzione di vantaggi economici». 
    Tale  modifica  normativa  costituisce  un  significativo   passo
nell'articolato processo di emersione della centralita' del principio
di sicurezza giuridica. 
    5.1.2. Tanto  premesso,  ritiene  il  Collegio  che  in  capo  ai
soggetti titolari di impianti fotovoltaici, fruitori  delle  relative
incentivazioni pubbliche in forza di «contratto di  diritto  privato»
(ex art. 24 decreto legislativo n. 28/2011) o convenzione (avente  la
medesima natura, come precisato in precedenza) stipulati con  il  GSE
(previo riconoscimento delle condizioni per  l'erogazione  attraverso
specifico  provvedimento  ammissivo),  sussista  una   posizione   di
legittimo affidamento nei sensi innanzi precisati,  non  essendo  mai
emersi nel corso  del  tempo  elementi  alla  stregua  dei  quali  un
operatore «prudente e accorto» avrebbe potuto prevedere  (al  momento
di chiedere gli incentivi, di decidere se far entrare in esercizio il
proprio impianto e  di  stipulare  con  il  Gestore  il  negozio  che
disciplina l'erogazione degli incentivi) l'adozione  da  parte  delle
autorita' pubbliche di  misure  lesive  del  diritto  agli  incentivi
stessi. 
    Come desumibile dalla precedente rassegna normativa, nel contesto
internazionale di favore per le fonti rinnovabili e in adesione  alle
indicazioni  provenienti  dall'ordinamento  europeo,  il  legislatore
nazionale ha consentito la nascita  e  favorito  lo  sviluppo  di  un
settore di attivita' economica  ritenuto  particolarmente  importante
dalla stessa  Unione  Europea,  approntando  un  regime  di  sostegno
connotato sin dalla sua genesi dalla «stabilita'», nel senso che  gli
incentivi  dei  Conti  Energia,  una  volta   riconosciuti   con   il
provvedimento ammissivo e  con  il  conseguente  negozio  di  diritto
privato,  sarebbero  rimasti  invariati  per  l'intera   durata   del
rapporto. 
    Questa  caratteristica  si  ricava  anzitutto   dal   cambio   di
impostazione consistito nel passaggio da obiettivi  indicativi  (dir.
2001/77)   a   obbligatori   (dir.   2009/28)   e   dalla    conferma
dell'autorizzazione agli Stati  membri  circa  il  ricorso  a  misure
incentivanti per ovviare  all'assenza  di  iniziativa  da  parte  del
mercato (regimi di sostegno). 
    Per sua parte,  il  legislatore  italiano  ha  mostrato  piena  e
convinta adesione agli indirizzi sovranazionali, conferendo specifico
risalto  alla  promozione  della  produzione  energetica   da   fonti
rinnovabili e, in particolare, dalla fonte solare. 
    Sin  dal  decreto  legislativo  n.  387/03,  nonostante  la   non
obbligatorieta'  dell'obiettivo  nazionale,  e'  stato  delineato  un
regime di sostegno ispirato al rispetto di  criteri  quale  l'  «equa
remunerazione dei costi di investimento  e  di  esercizio»  (art.  7,
comma 2, lett.  d),  tanto  che  i  primi  tre  Conti  Energia  hanno
chiaramente     enucleato     l'immutabilita'      per      vent'anni
dell'incentivazione riconosciuta al singolo operatore. 
    Il decreto legislativo n. 28/2011 ha amplificato la percezione di
stabilita' nei sensi anzidetti, individuando: 
        a) all'art. 23, tra  i  «principi  generali»  dei  regimi  di
sostegno alle fonti rinnovabili: «la  predisposizione  di  criteri  e
strumenti che promuovano [...] la stabilita' nel tempo dei sistemi di
incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione  con  altri
strumenti di analoga finalita' e la riduzione degli oneri di sostegno
specifici in capo ai consumatori» (comma 1) nonche'  «la  gradualita'
di intervento a  salvaguardia  degli  investimenti  effettuati  e  la
proporzionalita'  agli  obiettivi,  nonche'  la  flessibilita'  della
struttura dei  regimi  di  sostegno,  al  fine  di  tener  conto  dei
meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti
rinnovabili e dell'efficienza energetica» (comma 2); 
        b) all'art. 24, tra i «criteri generali»  dei  meccanismi  di
incentivazione, quelli indicati al comma 2,  lettere  b),  c)  e  d),
secondo cui, rispettivamente, «il periodo di diritto all'incentivo e'
pari alla vita media utile convenzionale delle  specifiche  tipologie
di  impianto»  (il  principio  si  collega  a  quello   dell'   «equa
remunerazione dei costi di investimento e di  esercizio»,  confermato
dalla precedente lettera a), «l'incentivo resta costante per tutto il
periodo di diritto» e «gli incentivi sono assegnati tramite contratti
di  diritto  privato  fra  il  GSE   e   il   soggetto   responsabile
dell'impianto»; 
        c) all'art. 25, comma 11, recante clausola  di  salvezza  dei
«diritti acquisiti». 
    Ed  e'  significativo  che  il  legislatore   delegato   utilizzi
ripetutamente i termini «diritto» (all'incentivo) o «diritti». 
    Ne'  decampa   dalla   linea   d'azione   sinora   esaminata   il
decreto-legge n. 145/2013, adottato successivamente alla  conclusione
dei Conti Energia e dunque in un contesto nel  quale  il  novero  dei
destinatari delle incentivazioni era ormai  definito  (o  in  via  di
definizione). 
    Tale provvedimento, pur muovendo  dalla  ritenuta  «straordinaria
necessita' ed urgenza di emanare  misure»  (tra  le  altre)  «per  il
contenimento delle tariffe elettriche [...], quali fattori essenziali
di progresso e opportunita' di arricchimento economico,  culturale  e
civile e,  nel  contempo,  di  rilancio  della  competitivita'  delle
imprese» (v. preambolo), e al dichiarato duplice fine  di  «contenere
l'onere annuo sui prezzi e sulle tariffe elettriche  degli  incentivi
alle energie rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto  produttivo  nel
medio-lungo  termine  dagli  esistenti   impianti»,   ha,   tuttavia,
introdotto   meccanismi   di   tipo   facoltativo   e   dunque    non
pregiudizievoli per i fruitori degli incentivi. 
    In questa prospettiva, sia gli interventi divisati  ex  ante,  in
corso di vigenza  dei  Conti  Energia,  dal  decreto  legislativo  n.
28/2011 (anticipata cessazione del Terzo Conto, in uno  all'immanente
temporaneita' di Quarto e Quinto Conto, la cui operativita' e'  stata
collegata,  come  si  e'  visto,  al  raggiungimento   di   specifici
obiettivi), sia quelli previsti  dal  decreto-legge  n.  145/2013  ex
post, ossia dopo la chiusura del regime di sostegno, dimostrano  come
il  legislatore  abbia  comunque  preservato  il   «sinallagma»   tra
incentivi e iniziative in corso. 
    E infatti il c.d. «boom del fotovoltaico», sotteso alle  inerenti
determinazioni delle autorita' pubbliche, per quanto riconducibile al
parametro di esercizio della discrezionalita' consistente nel  «tener
conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione  delle  tecnologie
delle fonti rinnovabili» ex art. 23, comma 2, decreto legislativo  n.
28/2011, e' stato affrontato con misure operanti pro futuro,  perche'
applicabili  a  impianti  non  ancora  entrati  in  esercizio   (come
attestato dalle riferite vicende giudiziali relative al passaggio dal
Terzo al Quarto  Conto),  mentre  sono  state  accuratamente  evitate
scelte aventi efficacia pro praeterito tempore. 
    In altri termini, anche l'anticipata cessazione del Terzo  Conto,
ancorche'  abbia  prodotto  effetti  negativi  nei  confronti   degli
investitori  che  avessero  intrapreso  attivita'  preliminari   alla
realizzazione della propria iniziativa, non ha messo  in  discussione
il «patto» stipulato con gli interessati, salvaguardando la posizione
dei titolari degli incentivi e consentendo a  ciascun  operatore  non
ancora   «contrattualizzato»   di   ponderare    consapevolmente    e
adeguatamente il merito  economico  della  propria  iniziativa  e  di
assumere le conseguenti determinazioni. 
    E', pertanto, possibile ravvisare il  vulnus  arrecato  dall'art.
26, comma 3 decreto legge n. 91/2014 al «diritto all'incentivo» e  al
principio  del  legittimo   affidamento   degli   operatori   (stante
l'imprevedibilita' da parte di un  soggetto  «prudente  ed  accorto»,
titolare di un incentivo ventennale a seguito dell'adesione a uno dei
Conti Energia, delle modificazioni in pejus del rapporto). 
    5.1.3. Le precedenti considerazioni  non  paiono  superate  dagli
elementi addotti dalla parte pubblica al fine di escludere che l'art.
26 abbia dato  vita  a  un  «regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate su leggi anteriori»  (quale  aspetto  sintomatico
dell'incostituzionalita' della disposizione), potendo dubitarsi della
ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento. 
    L'art. 23 decreto-legge n. 91/2014,  rubricato  «Riduzione  delle
bollette elettriche a favore dei clienti forniti  in  media  e  bassa
tensione», prevede quanto segue: 
        «1. Al fine di pervenire a una piu' equa distribuzione  degli
oneri tariffari fra le diverse categorie di consumatori elettrici,  i
minori oneri per l'utenza derivanti dagli articoli da  24  a  30  del
presente  decreto-legge,  laddove  abbiano  effetti   su   specifiche
componenti tariffarie, sono destinati alla  riduzione  delle  tariffe
elettriche dei clienti di energia elettrica in media  tensione  e  di
quelli in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW,
diversi dai clienti residenziali e dall'illuminazione pubblica. 
    2. Alla stessa finalita' sono destinati i minori oneri  tariffari
conseguenti  dall'attuazione  dell'art.  1,  commi  da  3  a  5,  del
decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 145, convertito, con modificazioni,
in legge 21 febbraio 2014 n. 9. 
    3. Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente  decreto-legge,  l'Autorita'  per  l'energia
elettrica,  il  gas  e  il  sistema  idrico  adotta  i  provvedimenti
necessari ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2, garantendo che i
medesimi  benefici  siano  ripartiti  in  modo  proporzionale  tra  i
soggetti che ne hanno diritto e assicurando che i  benefici  previsti
agli stessi commi 1  e  2  non  siano  cumulabili  a  regime  con  le
agevolazioni in materia di oneri generali di sistema, di cui all'art.
39  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.  83,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134». 
    Ora, non sono certo contestabili gli  scopi  avuti  di  mira  dal
legislatore, che intende «pervenire a  una  piu'  equa  distribuzione
degli  oneri  tariffari  fra  le  diverse  categorie  di  consumatori
elettrici», distribuendo tra costoro «i minori  oneri  per  l'utenza»
generati anche dalle  misure  dell'art.  26  e,  in  ultima  analisi,
alleggerendo i costi dell'energia elettrica per i «clienti  [...]  in
media tensione e [...] in  bassa  tensione  con  potenza  disponibile
superiore  a  16,5   kW,   diversi   dai   clienti   residenziali   e
dall'illuminazione pubblica». 
    Sennonche', tale obiettivo -  oltre  a  non  sembrare  del  tutto
consonante con la finalita'  specificamente  declinata  dal  comma  1
dell'art. 26 nel senso di «favorire una migliore sostenibilita' nella
politica di supporto alle energie  rinnovabili»,  non  risultando  in
particolare chiaro il nesso tra tale «migliore sostenibilita'»  e  la
«piu' equa distribuzione degli oneri tariffari» tra gli utenti  -  e'
perseguito  attraverso  una  «leva»  che  consiste  in  un'operazione
redistributiva irragionevole e sproporzionata. 
    Il reperimento delle necessarie risorse finanziarie e',  infatti,
attuato attraverso una modificazione unilaterale e  autoritativa  dei
rapporti in essere, di cui e' dubbia di per se'  la  proporzionalita'
rispetto all'obiettivo avuto di mira dal  legislatore,  tenuto  conto
del rango e della natura degli scopi del regime  di  sostegno  (basti
por mente all'evocazione, da parte della dir.  2001/77,  delle  norme
del Trattato UE sulla  tutela  dell'ambiente),  e  che  comunque  non
appare bilanciata da adeguate misure compensative (art. 26, commi 5 e
ss.), con ulteriore profilo di irragionevolezza. 
    Quanto ai «finanziamenti bancari» (art. 26 comma 5  decreto-legge
n. 91/2014), e'  sufficiente  rilevare  -  in  disparte  gli  aspetti
collegati all'onerosita' per i beneficiari dei meccanismi  ipotizzati
e  ai  costi  di  transazione  comunque  derivanti   dall'impalcatura
giuridico-finanziaria dei nuovi contratti -  che  la  garanzia  dello
Stato  non   copre   l'intero   importo   dell'eventuale   operazione
finanziaria   (sino   all'80%   dell'ammontare   dell'   «esposizione
creditizia [...] di CDP nei confronti della  banca»  o  della  «somma
liquidata da CDP alla banca garantita»: art. 1 d.m. 29/12/14)  e  che
comunque si tratta di «finanziamenti» non automatici (residuando  uno
spazio di apprezzamento circa i requisiti dei beneficiari finali, che
devono a  es.  essere  soggetti  «economicamente  e  finanziariamente
sani», e circa il  «merito  di  credito»;  cfr.  artt.  1  e  2  d.m.
29.12.2014). 
    Ne' presenta natura compensativa l'adeguamento della  durata  dei
titoli  autorizzatori  (comma  6),  che  costituisce  piuttosto   una
conseguenza necessitata (per altro,  non  priva,  in  se',  di  costi
aggiuntivi, della protrazione del periodo di incentivazione  oltre  i
venti anni nel caso di scelta dell'opzione di cui al comma  3,  lett.
a). 
    Quanto  all'«acquirente  selezionato»  (commi  da  7  a  12),  va
osservato come lo stesso  legislatore  attribuisca  alla  misura  una
portata solo eventuale, tenuto conto dell'art. 26, comma 13,  che  ne
subordina  l'efficacia  «alla  verifica  da   parte   del   Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Tale verifica risulta, in concreto, tanto  piu'  stringente  alla
luce del relativo ambito  di  applicazione,  non  riservato  ai  soli
produttori da fonte  solare,  ma  esteso  a  tutti  i  percettori  di
incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    In ogni caso, ferma l'impossibilita' di apprezzarne compiutamente
il contenuto in assenza delle necessarie disposizioni  attuative  (si
pensi, ad esempio, al comma 9 lettera d, che demanda all'Autorita' di
«stabilire i criteri e le procedure per determinare la quota  annuale
costante di incentivi pluriennali che puo' essere oggetto di cessione
da parte di ciascun soggetto beneficiario, tenendo conto anche  della
tipologia e della localizzazione degli impianti»), anche qui e' posto
un limite quantitativo agli  incentivi  cedibili  (80%),  mentre  non
paiono disciplinate le  conseguenze  sui  rapporti  di  finanziamento
eventualmente accesi dai produttori (i quali, attraverso la cessione,
intendano monetizzare immediatamente l'incentivo). 
    La possibilita' di  un  recesso  anticipato  del  produttore  dal
contratto di finanziamento sembra in effetti presa in  considerazione
dal comma 11, che reca pero' un impegno generico  per  il  Governo  (
«assumere  ogni  iniziativa  utile  a  dare  piena  esecuzione   alle
disposizioni del presente articolo, inclusi eventuali accordi con  il
sistema bancario per semplificare il recesso totale  o  parziale  dei
soggetti  beneficiari  di  incentivi  pluriennali  dai  contratti  di
finanziamento stipulati»). 
    5.1.4. Alla luce di quanto detto, e all'esito  del  bilanciamento
tra l'interesse perseguito dal legislatore e la lesione  dei  diritti
dei  fruitori   delle   agevolazioni,   emerge   la   possibile   non
ragionevolezza e la possibile assenza di proporzionalita',  ai  sensi
dell'art. 3 Cost., delle norme dell'art. 26 comma 3 decreto-legge  n.
91/2014, come convertito dalla legge n. 116/2014, apparendo  altresi'
violato anche l'art. 41 Cost., alla luce  dell'irragionevole  effetto
della  frustrazione  delle  scelte  imprenditoriali   attraverso   la
modificazione degli elementi costitutivi dei rapporti in essere  come
contrattualizzati o, comunque, gia' negoziati. 
    Cio' in quanto, e riassuntivamente: 
        il sistema degli incentivi perde la sua stabilita' nel  tempo
nonostante lo stesso sia stato gia' individuato e  predeterminato  in
una convenzione o contratto di  diritto  privato  (art.  24  comma  2
lettera D decreto legislativo n. 28/2011); 
        gli investimenti effettuati non sono salvaguardati; 
        viene   meno   l'equa   remunerazione   degli    investimenti
effettuati; 
        il  periodo  di  tempo  per  la  percezione   dell'incentivo,
invariato    nella    misura    complessiva,     viene     prolungato
indipendentemente  dalla  vita  media  convenzionale  degli  impianti
(lett. a); l'incentivo non e' piu' costante per tutto il  periodo  di
diritto, ma si riduce in assoluto per tutto il periodo residuo (lett.
c) o varia in diminuzione nell'ambito  del  ventennio  originario  di
durata della convenzione (lett. a) o per cinque anni (lett. b). 
    5.2 Violazione degli  artt.  11  e  117  Cost.  e  1,  Protocollo
Addizionale n. 1 alla Convenzione per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (di cui e' stata  autorizzata
la ratifica e disposta l'esecuzione con legge 4 agosto 1955, n.  848)
e all'art. 6, par. 3, Trattato UE. 
    Il comma 3 dell'art.  26 decreto-legge  n.  91/2014  si  pone  in
rapporto di problematica compatibilita' anche con gli artt. 11 e 117,
comma 1, Cost. in relazione,  quali  norme  interposte,  all'art.  1,
Protocollo Addizionale n. 1, alla Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (di  cui  e'  stata
autorizzata la ratifica e disposta l'esecuzione con  legge  4  agosto
1955, n. 848) e all'art. 6, par. 3, Trattato UE,  che  introduce  nel
diritto  dell'Unione  «in  quanto  principi  generali»,  i   «diritti
fondamentali» garantiti dall'anzidetta Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  Europea  dei   diritti
dell'uomo detto art. 1 - che  afferma  il  principio  di  «protezione
della proprieta'», ammettendo al  contempo  l'adozione  delle  misure
legislative «ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei  beni  in
modo conforme all'interesse generale» - conferisce  protezione  anche
ai diritti di credito (e alle aspettative legittime; si veda, tra  le
altre, Maurice c. Francia [GC], del  6  ottobre  2005,  n.  11810/03,
parr. 63 e ss.), reputando ammissibili le «interferenze»  (ingerenze)
da parte  della  pubblica  autorita'  in  presenza  di  un  interesse
generale (cfr. Arras e altri c. Italia, n. 17972/07, 14 febbraio 2012
e 14 maggio 2012, final, parr. 77-79). 
    In questa prospettiva, l'ingerenza costituita  dalla  sottrazione
di parte dei crediti spettanti ai  produttori  di  energia  in  forza
delle convenzioni stipulate con il GSE non appare giustificata ed  e'
in contrasto con il principio  di  proporzionalita',  non  risultando
l'intervento ablatorio adeguatamente bilanciato  dalla  finalita'  di
diminuire le tariffe elettriche in  favore  di  alcune  categorie  di
consumatori. 
    5.3. Ulteriore violazione degli artt. 3 e 41 Cost.: disparita' di
trattamento ed ulteriori profili di irragionevolezza e sproporzione. 
    E'  dubbia  la   costituzionalita'   dell'art.   26,   comma   3,
decreto-legge n. 91/2014, rispetto all'art.  3  Cost.,  eventualmente
anche in relazione all'art. 41 Cost., nella parte in cui prevede  che
la rimodulazione si  applichi  soltanto  agli  «impianti  di  potenza
nominale superiore a 200 kW» (recte: ai soggetti fruitori di  tariffe
incentivanti per l'energia elettrica prodotta da tali impianti). 
    5.3.1.  Tale  restrizione  del  campo  applicativo  comporta   la
creazione,  all'interno  dell'insieme  dei  titolari  degli  impianti
fotovoltaici incentivati, di due sottoinsiemi di imprese distinte  in
base alla «potenza  nominale»  (dell'impianto),  destinatarie  di  un
trattamento differenziato. 
    A dire della parte pubblica le ragioni di tale  scelta  sarebbero
da ricondurre essenzialmente alla circostanza che i  soggetti  incisi
dalla rimodulazione, pur costituendo un'esigua percentuale  (4%)  del
totale di quelli agevolati, fruirebbero di benefici pari alla maggior
parte della spesa totale per l'incentivazione. 
    In disparte l'esattezza del dato numerico, questa  considerazione
non integra, tuttavia, un profilo idoneo a sorreggere  la  contestata
differenziazione di  trattamento  e,  in  particolare,  il  deteriore
trattamento disposto per quelli di  maggiori  dimensioni,  occorrendo
tener  conto  delle  modalita'   di   funzionamento   delle   tariffe
incentivanti. 
    La relativa entita' dipende infatti dalla  quantita'  di  energia
prodotta, sicche' e'  evenienza  del  tutto  normale,  e  insita  nel
sistema, che i soggetti dotati di piu' elevata capacita'  produttiva,
fruendo di incentivi proporzionati, possano assorbire un ammontare di
benefici piu' che proporzionale rispetto al loro numero. 
    In altri termini, nel regime  di  sostegno  delineato  dai  conti
energia rileva la quantita' dell'energia prodotta, non gia' il numero
dei produttori, con la  conseguenza  che  misure  dirette  a  colpire
soltanto alcuni di  costoro  sortiscono  l'effetto  di  differenziare
posizioni giuridiche omogenee. 
    Le precedenti considerazioni dimostrano al  contempo  l'ulteriore
irragionevolezza delle misure, foriere di  un  trattamento  deteriore
per alcuni produttori in assenza di  adeguata  causa  giustificativa,
non risultando percepibili le ragioni di interesse pubblico  poste  a
base della distinzione. 
    La  sussistenza  dei  vizi  innanzi  indicati   pare   avvalorata
dall'ulteriore  esonero   disposto   dall'art.   22-bis,   comma   1,
decreto-legge n. 133/14 cit. in favore degli impianti i cui  soggetti
responsabili erano, alla data di entrata in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto-legge n. 91/2014, «enti locali o scuole»:  la
norma, infatti, opera un distinguo fondato sulla  peculiare  qualita'
dei percettori dei benefici,  indipendentemente  dalla  quantita'  di
energia prodotta. 
    5.3.2. Altro profilo di discriminazione si desume dal trattamento
degli  impianti  di  produzione  di  energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili diverse dal solare. 
    Nell'ambito dell'art. 26 il legislatore prende in  considerazione
anche tali soggetti nella parte relativa all'«acquirente selezionato»
(commi 7 e ss.). 
    Sennonche',  non  si  comprendono  le   ragioni   del   deteriore
trattamento dei  produttori  da  fonte  solare  rispetto  agli  altri
percettori di incentivi parimenti finanziati dagli utenti  attraverso
i cc. dd. oneri generali di sistema (e dunque con il versamento delle
componenti della bolletta elettrica A3 o assimilate). 
    5.3.3. La creazione di categorie differenziate determina anche un
possibile vulnus alla  concorrenza  e  una  possibile  lesione  della
liberta' di iniziativa economica ex art. 41 Cost. dei  produttori  di
energia  elettrica  destinatari  dell'art.  26,  comma  3,  i  quali,
ancorche' in un contesto economico connotato dal  sostegno  pubblico,
vedono pregiudicata la possibilita' di operare sul mercato a  parita'
di condizioni con gli altri produttori da fonte solare  e,  piu',  in
generale, di energia rinnovabile.  Sotto  questo  profilo,  pertanto,
risultano lesi gli artt. 3 e 41 Cost.. 
    5.4. Violazione art. 77 Cost. 
    Secondo  la  Corte  costituzionale  «la   preesistenza   di   una
situazione  di  fatto  comportante  la  necessita'  e  l'urgenza   di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
dell'adozione di tale atto, la cui mancanza  configura  un  vizio  di
legittimita' costituzionale del medesimo, che  non  e'  sanato  dalla
legge di conversione» (sent. n. 93 del 2011). 
    Essa precisa anche che il relativo sindacato «va  [...]  limitato
ai casi di  «evidente  mancanza»  dei  presupposti  di  straordinaria
necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo comma,  Cost.  o
di  «manifesta  irragionevolezza  o  arbitrarieta'   della   relativa
valutazione»». 
    Ai  fini  della  relativa  indagine  la  Corte  ha  rimarcato  la
centralita' dell'elemento  dell'«evidente  estraneita'»  della  norma
censurata rispetto alla materia disciplinata  da  altre  disposizioni
del  decreto-legge  in  cui  e'  inserita,  dovendo   risultare   una
«intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal
punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale
e finalistico. La urgente necessita' del provvedere  puo'  riguardare
una pluralita'  di  norme  accomunate  dalla  natura  unitaria  delle
fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento  di  fronteggiare
situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che   richiedono
interventi oggettivamente  eterogenei,  afferenti  quindi  a  materie
diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi  urgenti
a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (sent. n.  22/2012
nonche' sentt. nn. 128/2008 e 171/2007). 
    Cio' in quanto «l'inserimento di norme eterogenee  all'oggetto  o
alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico  tra  la
valutazione fatta dal  Governo  dell'urgenza  del  provvedere  ed  «i
provvedimenti provvisori con forza di legge»» ex art. 77  Cost.,  con
l'ulteriore precisazione che «il presupposto del «caso» straordinario
di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto  al  provvedimento
inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito  di  intrinseca
coerenza, anche se articolato  e  differenziato  al  suo  interno»  e
ponendosi «la scomposizione atomistica della condizione di  validita'
prescritta dalla Costituzione [...] in contrasto  con  il  necessario
legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso»  che  lo
ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie  di
norme  assemblate  soltanto  da  mera  casualita'  temporale»  (Corte
costituzionale n. 22/2012). 
    In tale ottica, la Corte ha conferito rilievo anche all'art.  15,
comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, che «pur non avendo, in se'  e
per se', rango costituzionale,  e  non  potendo  quindi  assurgere  a
parametro di legittimita'  [...],  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone
il collegamento dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento» (sent. n. 22/2012). 
    Ora, premesso che ai sensi dell'art. 15, comma 1 della  legge  n.
400/88,  i  decreti-legge  sono  presentati  per  l'emanazione   «con
l'indicazione, nel  preambolo,  delle  circostanze  straordinarie  di
necessita' e di urgenza che ne giustificano  l'adozione»,  mentre  il
comma 3 sancisce che «i decreti devono contenere misure di  immediata
applicazione e il loro contenuto deve essere  specifico,  omogeneo  e
corrispondente al titolo», il dubbio di  costituzionalita'  dell'art.
26, comma 3 decreto-legge  n.  91/2014,  insorge  in  relazione  alla
circostanza che, pur rinvenendosi nel  titolo  del  decreto-legge  n.
91/2014 il riferimento al «rilancio e [al]lo sviluppo delle  imprese»
e al «contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche»,  nel
preambolo del provvedimento non si rinviene  tuttavia  esplicitazione
di tali punti. 
    Risulta,  infatti,  presa  in  considerazione   unicamente   (con
riguardo alla  materia  in  esame)  «la  straordinaria  necessita'  e
urgenza di adottare disposizioni volte a superare  alcune  criticita'
ambientali, alla immediata mitigazione del  rischio  idrogeologico  e
alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con  semplificazioni
procedurali, promuovendo  interventi  di  incremento  dell'efficienza
energetica negli usi  finali  dell'energia  nel  settore  pubblico  e
razionalizzando le procedure in materia di impatto  ambientale»  (gli
altri enunciati del preambolo riguardano la straordinaria  necessita'
e urgenza di  adottare  «disposizioni  finalizzate  a  coordinare  il
sistema   dei   controlli   e   a   semplificare    i    procedimenti
amministrativi»,  di   «prevedere   disposizioni   finalizzate   alla
sicurezza alimentare dei cittadini», di  adottare  «disposizioni  per
rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante  dell'economia
nazionale, e  la  competitivita'  del  medesimo  settore  [...]»,  di
adottare  «disposizioni  per  semplificare  i  procedimenti  per   la
bonifica e la messa in  sicurezza  dei  siti  contaminati  e  per  il
sistema di  tracciabilita'  dei  rifiuti,  per  superare  eccezionali
situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani,
nonche' di adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in
materia   ambientale,   dall'appartenenza   dell'Italia    all'Unione
europea»). 
    Il testo e' poi articolato in un titolo unico (tit. I «misure per
la crescita economica») e in 3 capi ( «disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore agricolo»; «disposizioni urgenti per l'efficacia
dell'azione pubblica di tutela ambientale, per la semplificazione  di
procedimenti in materia ambientale e per l'adempimento degli obblighi
derivanti  dall'appartenenza   all'unione   europea»;   «disposizioni
urgenti per le imprese»). 
    L'art. 26 e' contenuto nel capo III, «disposizioni urgenti per le
imprese», insieme a una serie di  articoli  omogenei  (da  23  a  30)
effettivamente al tema della «piu'  equa  distribuzione  degli  oneri
tariffari fra le diverse categorie di consumatori  elettrici»  (cosi'
l'art. 23 cit., che individua gli artt. da 24 a 30  quali  generatori
di «minori oneri per l'utenza»), ma in un contesto di  norme  tra  di
loro del tutto eterogenee (cfr. artt. 18 e seguenti). 
    Appare dunque  carente  l'elemento  finalistico  richiesto  dalla
Corte  costituzionale,  non  sembrando  ravvisabile   «l'intento   di
fronteggiare situazioni  straordinarie  complesse  e  variegate,  che
richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti  quindi  a
materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare  rimedi
urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». 
    Sotto altro profilo, esso contiene anche misure che non sono  «di
immediata applicazione», come sancito dall'art. 15, comma 3, legge n.
400/88, essendo sufficiente considerare  le  menzionate  norme  sull'
«acquirente selezionato» e sul recesso dai contratti di finanziamento
(commi da 7 a 12). 
    Tanto   premesso,   il   Collegio   ritiene   rilevanti   e   non
manifestamente infondate le esposte questioni  di  costituzionalita',
relative all'applicazione del comma 3 dell'art. 26  decreto-legge  n.
91/2014 agli impianti di produzione di  energia  elettrica  da  fonte
solare,  aventi  potenza  superiore  a  200  kW,  che  fruiscano   di
incentivazioni in atto ai sensi dei Conti Energia. 
    Il giudizio e' di conseguenza sospeso  per  la  rimessione  delle
questioni suddette all'esame  della  Corte  costituzionale,  mandando
alla Segreteria di trasmettere  alla  Corte  la  presente  ordinanza,
unitamente a copia del ricorso e dei successivi motivi  aggiunti,  di
notificarla alle parti in causa e al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri nonche'  di  comunicarla  ai  Presidenti  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica;